Ravasi: «Giovanni, il discepolo amato»

Prosegue il cammino quaresimale in compagnia del cardinale. Nel terzo volume il Vangelo di Giovanni

04/03/2013
Il cardinale Gianfranco Ravasi
Il cardinale Gianfranco Ravasi

Perché il Vangelo di Giovanni è stato definito "spirituale" e si discosta dagli altri vangeli nell'interpretazione di alcuni eventi storici della vita di Gesù? Chi era Giovanni, il "discepolo amato", che è testimone oculare degli eventi della Passione, segue il Maestro sotto la Croce ed è uno dei primi testimoni, assieme alle donne di Gerusalemme, della sua Risurrezione?

In Giovanni, il discepolo amato, il terzo volume della collana Ricercare la verità, il cardinale Gianfranco Ravasi, che con le sue riflessioni sta guidando i lettori di Famiglia Cristiana nel cammino quaresimale, risponde a queste domande esplorando dal punto di vista storico e teologico il quarto vangelo. Testo arduo e complesso come commenterà il filosofo cristiano di Alessandria d'Egitto Origene: «Il fiore di tutta la Sacra Scrittura è il vangelo e il fiore del vangelo è il vangelo trasmesso a noi da Giovanni, il cui senso profondo e riposto nessuno mai potrà pienamente cogliere». A prima vista, spiega il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il testo giovanneo usa, in totale, 1011 termini diversi. In realtà, si tratta di un lessiso sofisticato e molto tecnico. «"Verità" ha un'accezione precisa che va oltre quella greca e si orienta verso la "rivelazione di Cristo"», scrive Ravasi, «"segni" e "opere" sono i miracoli; l'"Ora" per eccellenza è la morte e risurrezione di Cristo che vengono definite anche come "esaltazione" o "glorificazione"».

Gli esegeti, inoltre, hanno dato molte interpretazioni sui Giovanni, definito dai vangeli "il discepolo che Gesù amava". Ravasi le passa in rassegna tutte: per alcuni, si tratterebbe di una figura ideale, incarnazione del vero discepolo di Gesù; per altri sarebbe uno estraneo alla cerchia degli apostoli, per lo studioso Raymond E. Brown nel "discepolo amato" si fonderebbero insieme sia l'apostolo Giovanni sia l'autore del vangelo , l'"evangelista" che avrebbe raccolto per iscritto le memorie dell'apostolo stesso. Per il cardinale Ravasi l'apostolo Giovanni è «un testimone oculare della vicenda di Gesù col quale ebbe un dialogo profondo e intimo (13,23-25); fu in posizione di prestigio, accanto a Pietro, e fu partecipe in modo diretto delle ultime giornate di Gesù, salendo con lui e con Maria sulla vetta del Golgota e sperimentando anche di persona la scoperta della tomba vuota: "entrò anche l'altro disceopolo, giunto per primo al sepolcro: vide e credette" (20,8)».

In questi due verbi, "vedere" e "credere", si scorge la cifra autentica del vangelo di Giovanni, nel quale gli eventi descritti, a cominciare dalla Passione e morte di Gesù, sono accompagnati da un'interpretazione religiosa ben precisa. Non a caso, annota Ravasi, il testo, nella sua prima edizione, si conclude indicando esplicitamente ai lettori la finalità di quanto raccontato: «Perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio».

Antonio Sanfrancesco

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Postato da Teresi Giovanni il 05/03/2013 12:33

Desidero esprimere tutta la mia gratitudine a Sua Eminenza il Cardinale Gianfranco Ravasi per la sua opera in volumi dei Vangeli che ci accompagna in questo cammino quaresimale. Leggendo l'articolo, desidero fare una mia considerazione sul Giovanni il "discepolo amato"; nel racconto dell’apparizione di Gesù ai discepoli Giovanni collega strettamente il mandato missionario con l’infusione dello Spirito, che Luca riserva al giorno di Pentecoste. È chiaro che non si tratta di due eventi diversi, ma di diverse formulazioni della stessa realtà. Quella giovannea mette più chiaramente in luce il significato cristologico dello Spirito, sottolineando come esso provenga da Dio per mezzo del Risorto e tenda a rendere vivo e operante nell’intimo dei discepoli il suo progetto di salvezza. Dopo la visita dei due discepoli al sepolcro (20,1-10) e la manifestazione del Risorto a Maria Maddalena (20,11-18), l’evangelista narra in questo testo la duplice apparizione di Gesù agli Undici, a cui fa seguito immediatamente la prima conclusione del Vangelo. Il resoconto giovanneo si avvicina a quello della tradizione sinottica, specialmente come è riportata da Luca (24,36-49), con il quale ha in comune alcuni elementi specifici: l’aspetto corporeo di Gesù, la gioia, la missione, la remissione dei peccati, il dono dello Spirito. Al centro dell’esperienza fatta da Giovanni ,quindi, si situa il Cristo in quanto Risorto, il quale partecipa ormai della vita divina e dispone delle stesse prerogative che sono proprie di Dio. In questa nuova fase della sua esistenza Gesù non dimentica i suoi, ma si occupa di loro, li assiste e li fa partecipi della sua nuova vita. Coloro che credono in lui sono veramente tali solo nella misura in cui fanno un’esperienza personale e profonda del suo nuovo modo di essere con Dio. Per questo Giovanni ha il privilegio di fare un incontro personale con lui e riceve il compito di comunicare alle comunità la sua esperienza. Giovanni Teresi

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