24/05/2012
Joseph Zen Ze-kiun, 80 anni, vescovo emerito di Hong Kong (foto Getty).
La Chiesa cattolica cinese? Si trova
sull’orlo di un vero e proprio scisma,
divisa tra una componente fedele al
Papa e un’altra di cui fanno parte vescovi
ordinati senza l’autorizzazione del Santo
Padre. Ma purtroppo i cristiani occidentali
non si rendono conto della gravità della situazione,
con la Chiesa (13 milioni di seguaci
su 1,3 miliardi di abitanti) “ostaggio” del potere
politico e il Partito comunista che – attraverso
l’Associazione patriottica dei cattolici cinesi
– cerca in tutti i modi di influenzare la vita
interna delle diverse comunità cattoliche.
È un grido d’allarme quello che il cardinale
Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di
Hong Kong, affida a Famiglia Cristiana alla
vigilia della Giornata di preghiera per la Chiesa
in Cina: istituita da Benedetto XVI nel
2007, si celebra in tutto il mondo il 27 maggio,
festa di Maria aiuto dei cristiani.
Originario di Shanghai, salesiano, 80 anni
portati benissimo, Zen è una delle voci più
coraggiose che, in questi anni, si sono levate
a denunciare la brutalità del regime cinese.
Con analoga fermezza egli ha sempre denunciato
i ripetuti tentativi del Governo di Pechino
di assoggettare la Chiesa cattolica. Il cardinale
Zen sarà in Italia il 25 maggio prossimo,
per chiudere con la sua testimonianza l’VIII
Festival Biblico di Vicenza. L’abbiamo
intervistato in occasione dell’ultima riunione
della Commissione vaticana per la
Chiesa cattolica in Cina.
– Eminenza, la situazione è davvero così grave,
al punto da scomodare lo spettro di un
traumatico scisma?
«Sono i fatti a dirlo. Basta vedere cos’è accaduto
solo poche settimane fa: all’ordinazione
episcopale di monsignor Giuseppe Chen
Guangao, vescovo di Nanchong con l’approvazione
della Santa Sede, ha voluto partecipare
anche monsignor Paolo Lei Shiyin, vescovo
di Leshan, ordinato il 29 giugno scorso
senza il mandato papale. Un gesto di sfida,
che io commento con le frasi rilasciate da
monsignor Savio Hon, segretario della Congregazione
per l’evangelizzazione dei popoli,
all’agenzia AsiaNews: “Se si sceglie la via della
disobbedienza, non si risolve nulla e si rischia
l’autodistruzione”».
Due giovani fedeli a Pechino. I cattolici sono un'esigua minoranza: circa 13 milioni (foto Getty).
– Lei parla di gesti di sfida. Perché?
«Le ordinazioni episcopali illecite, così come
la partecipazione di vescovi illeciti a consacrazioni
di vescovi in comunione con il
Santo Padre, vanno contro ogni regola. Il singolo
atto di debolezza di una persona si può
anche compatire, ma ai gesti di sfida si deve
rispondere con chiarezza. Pena lasciare i fedeli
nell’ambiguità».
Un momento dell'ultima veglia Pasquale a Pechino (foto Getty).
– Padre Angelo Lazzarotto, missionario del
Pime esperto di Asia, ha appena pubblicato
un libro, Quale futuro per la Chiesa in Cina?
(Emi), dove paventa il rischio di una separazione
di fatto della Chiesa cinese da Roma.
Lei che ne pensa?
«Ho letto tutto d’un fiato il libro in questione
e dico che se anche il mite Lazzarotto usa
questi toni è perché la situazione risulta molto
grave: solo la pazienza del Santo Padre ci
impedisce di chiamare scismatica questa
Chiesa, che tale è di fatto. C’è chi, tra il popolo,
“assolve” i vescovi che vengono a patti
con Pechino perché “sotto pressione”. Ma io
chiedo: sotto pressione tutto è concesso? Anche
l’apostasia? Già: quando si parla delle ordinazioni
dei vescovi, e dunque della successione apostolica, è evidente che c’è di mezzo
l’essenza della fede».
– Un vescovo “ribelle” agli occhi del Partito,
monsignor Li Lianghui di Cangzhou, solo pochi
mesi fa ha subito il lavaggio del cervello.
Episodi come quello accadono ancora?
«Sì, come nel caso del coadiutore di Wangzou,
Shao Zhumin, leader delle comunità cattoliche
non ufficiali: è stato prelevato e portato
via per settimane. Una cosa incredibile».
Poliziotti a Shanghai (foto Getty).
– Mancano pochi mesi al congresso del Partito
comunista: cosa possiamo aspettarci dalla
nuova leadership? Arriverà finalmente
una generazione di capi più aperta alle religioni,
e dunque anche al cattolicesimo?
«Nella situazione attuale nessuno osa andare
contro l’indirizzo politico adottato. I
massimi dirigenti hanno altre priorità. È a
un livello inferiore che vengono commesse
le ingiustizie destinate a colpire la Chiesa».
La chiesa cattolica dell'Est a Pechino (Dong Tang), dedicata a San Giuseppe (foto Getty).
– Nella prefazione al Libro rosso dei martiri
cinesi (San Paolo) lei ha scritto, qualche anno
fa: «Mi auguro che i giovani sacerdoti e i
fedeli cinesi raccolgano dalla bocca degli anziani
le storie di sofferenza e martirio che
non sono state ancora registrate. Sarà un
servizio alla nostra Chiesa, alla nostra Nazione
e alla Chiesa universale». Pensa che proseguire
in questa “raccolta della memoria”
possa essere fecondo? Oppure, in nome del
dialogo, è meglio soprassedere?
«Di fatto oggi un dialogo con il Governo
non c’è, per cui non vedo controindicazioni.
È importante, piuttosto, che i credenti si incoraggino
a vicenda, scambiandosi le testimonianze
dei martiri. Di più: io credo che i tempi
siano maturi per procedere alla canonizzazione
di martiri del comunismo, mentre ci si
è fermati agli anni Trenta».
Joseph Zen Ze-kiun (foto Getty).
– Il 24 maggio si celebra la Giornata di preghiera
per la Chiesa in Cina. Lei ha la sensazione
che in questi anni la Chiesa universale
abbia preso coscienza dell’urgenza di stare
accanto ai nostri fratelli di fede cinesi?
«Non dappertutto c’è una percezione corretta
della gravità della situazione in Cina.
Occorre stimolare i fedeli su questo. E poi è
molto importante pregare. Personalmente
ho fatto stampare molte copie di materiali
per la Giornata di preghiera per la Cina in Europa.
Di recente anche il Papa l’ha ricordato
in un’udienza del mercoledì: la comunità cristiana
primitiva, nel pieno della persecuzione,
non cercava strategie umane, ma con
gioia proclamava la verità e pregava Dio».