25/10/2011
Monsignor Lahham durante una funzione religiosa nella cattedrale di Tunisi.
“I tunisini hanno fatto la loro scelta, la rispettiamo. Ora però ci auguriamo che venga redatta una Costituzione laica”. Più che un timore sembra un auspicio quello dell’arcivescovo di Tunisi, monsignor Maroun Lahham, all’indomani della vittoria del partito di ispirazione islamica Ennahda alle storiche elezioni per la Costituente tunisina.
Era la prima volta che i tunisini venivano chiamati al voto dopo la fuga di Zine el-Abidine Ben Ali, lo scorso 14 gennaio. E la risposta è stata senza precedenti, con un’affluenza alle urne che ha superato il 90%, rendendo ancor più importante il risultato elettorale di Ennahda.
Ma il vescovo Lahham, palestinese di Haifa, non si scompone: “La Tunisia è un Paese del tutto particolare all’interno del mondo arabo – spiega – e l’Islam tunisino è sempre stato più moderato rispetto a quello di altri Paesi. A questo si aggiunga che il partito Ennahda si presenta a sua volta come partito islamico moderato. Lo stesso leader Ghannouchi, dopo i 20 anni di esilio trascorsi a Londra, ha avuto modo di temperare la propria visione politica”.
Nessuno spauracchio fondamentalista, dunque, anche se il vescovo non manca di sottolineare alcuni aspetti controversi di questa vittoria: “Mi riferisco alla campagna elettorale – dice – durante la quale Ennahda ha sempre utilizzato un doppio linguaggio, senza fornire mai una risposta chiara su temi importanti quali la condizione femminile o la laicità della Costituzione. Noi osserveremo con attenzione il lavoro di questa Costituente, anche perché da essa dipende il nostro futuro”.
La percentuale di preferenze raggiunta, seppur rilevantissima, non permetterà tuttavia a Ennahda di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. Un dato che, assieme al particolare contesto culturale e religioso tunisino, non sembra far presagire problemi per l’attività della Chiesa Cattolica. “Il nostro apostolato è sempre stato rispettato dai tunisini – ancora il vescovo – e noi ci siamo appassionati a questa rivoluzione, senza prendervi parte, ma osservandola dall’esterno e cercando di comprenderne le ragioni”.
Non a caso, uno degli ultimi documenti prodotti è per l’appunto una lettura teologica della rivoluzione, basata sull’Apocalisse di San Giovanni. “E’ bastato un mese per fare la rivoluzione – conclude il vescovo – ci vorrà un anno per redigere la Costituzione. Ora vedremo quanto tempo sarà necessario per raggiungere una vera cultura democratica. Io sono fiducioso, arriverà presto”.
Gilberto Mastromatteo