22/12/2012
Donna del Sud Sudan in preghiera. Foto di Roberto Schmidt, Afp, Getty Images.
Parlerà italiano la cattedrale di Yambio, città di 300mila abitanti nella regione del West Equatoria, nel neonato stato del Sud Sudan. Servirà alla Diocesi di Tombura-Yambio (Yambio è sede della Curia), grande quasi quanto l'intero territorio regionale, perché il vescovo, mons. Eduardo Hiiboro Kussala, una cattedrale non ce l'ha ancora.
Sarà realizzata su progetto dell'ing. Ferruccio Zecchin di Chiampo (provincia di Vicenza), e potrà contenere 3.000 fedeli, ovvero all'incirca quanti ogni domenica frequentano la messa. «La nostra è una Chiesa viva – dice mons. Hiiboro Kussala –, che tocca con mano la bontà del Signore, che abbiamo la fortuna di incontrare tutti i giorni nel volto della nostra gente».
La diocesi di Tombura-Yambio – che conta 1.300.000 abitanti, di cui 600mila cattolici e altri 300mila circa, cristiani di diverse confessioni -, è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell'Arcidiocesi di Juba.
Purtroppo la “casa del Vescovo” non è stata realizzata per i festeggiamenti del centenario dell'arrivo del cristianesimo, a opera dei padri Comboniani (il 24 dicembre 1912 i primi fratelli raggiunsero Mupoi), che sono iniziati il 6 dicembre e sono terminati il 15; i giorni clou sono stati il 12, Giornata del Giubileo del Centenario della Fede, con la Messa celebrata dal cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e il 13, con la Messa di ringraziamento ai missionari comboniani. Era presente il superiore provinciale per il Sud Sudan, padre Daniele Moschetti.
«Oggi, cento anni dopo, - puntualizza monsignor Hiiboro Kussala (vescovo dal 2008) - vogliamo ringraziare il Signore per la fede che abbiamo ricevuto e perché è sempre stato un compagno affidabile, camminando con noi attraverso le nostre avversità e sofferenze: guerre, epidemie, periodi di forte insicurezza, movimenti di profughi. Pregheremo per tutte le persone che ci hanno accompagnato nei momenti difficili della nostra storia e ricorderemo religiosi e religiose che hanno sacrificato la loro vita per portarci la fede. Questa fede che ci dà direzione e senso di appartenenza, continuerà a formare la libertà delle nostre coscienze, ad animare le nostre vite e a influenzare la nostra visione del mondo».
Molti sono stati i martiri nella storia della Chiesa sudanese, perché quella del Sud contro il Nord è stata anche una guerra di resistenza nei confronti di un Islam che puntava a espandersi nel Sud cristiano e animista. Tanto che nell'84 tutti i missionari presenti furono espulsi e il vangelo di Cristo poté continuare a essere diffuso grazie ai preti indigeni e ai catechisti. Il pensiero, poi, va a quando il vescovo di Rumbek, monsignor Cesare Mazzolari (mancato lo scorso anno per cause naturali), fu catturato e tenuto in ostaggio per 24 ore dai guerriglieri dello Spla (Esercito Sudanese di Liberazione Popolare), gruppo armato indipendentista in lotta contro il regime di Khartoum. E come dimenticare che nel 2009, sette parrocchiani del vescovo Hiiboro Kussala furono crocifissi a opera delle milizie governative islamiche?
Il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir Mayardit, ha riconosciuto pubblicamente il 9 luglio 2011, giorno dell'indipendenza, il ruolo della Chiesa, affermando che: «Il Sud Sudan sarà per sempre in debito nei confronti dei missionari comboniani».
Già a partire dal 6 dicembre, si sono tenute varie celebrazioni e attività: preghiere, meditazioni, discussioni, riflessioni, letture, adorazioni, l'intercessione generale, ma anche momenti ricreativi con danze, musica, competizioni sportive.
E poi seminari sul ruolo dei laici nella Chiesa, sul ruolo delle religiose nella salvezza dell'umanità e sull'importanza della vocazione presbiteriale. E' stata riaperta la casa madre delle “Missionary Sisters of the Blessed Virgin Mary of Sudan”, ovvero le “Sorelle missionarie della benedetta Vergine Maria”.
Sono state celebrate Messe di rinnovamento dei voti per alcune religiose e alcuni sacerdoti e di rinnovamento dell'impegno per alcune coppie di sposi. Ci sarà la benedizione del gruppo “Movimento delle donne per la pace”. E anche un incontro sull'unità dei cristiani e sul dialogo con le altre religioni. In Sud Sudan sono presenti musulmani, Testimoni di Geova, luterani, avventisti, pentecostali, e permangono alcune religioni tradizionali. Anche grazie al fatto che la Costituzione del Sud Sudan è secolare e aperta a tutte le fedi.
«Da quando è nato il nuovo stato del Sud, nelle nostre diocesi si respira un'aria nuova, finalmente ci sentiamo lontani dal pericolo di un integralismo islamico che ci opprimeva – riprende monsignor Hiiboro Kussala -. Siamo consapevoli di essere dei bambini fra le nazioni del mondo, perciò cerchiamo di affidarci a “genitori” che ci aiutino a crescere. La nostra nazione ha tante risorse, ma ancora manca di organizzazione e cultura, e dobbiamo puntare sui giovani. Come Diocesi, abbiamo un programma di investimenti nelle parrocchie: vogliamo affiancare alle chiese una canonica e un centro di ritrovo per la gente. Per alcune parrocchie, che ne sono sprovviste, dobbiamo pensare anche alla costruzione di chiese, semplici, ma capienti. (Nel 2011, Aiuto alla Chiesa che soffre ha investito un milione e 150mila euro per progetti in questa Diocesi, ndr). Tuttavia, siamo benedetti perché molti scelgono di entrare in seminario e diventare sacerdoti».
Una celebrazione domenicale in una chiesa a Yambio. Foto di Spencer Platt/Getty Images.
Il vasto territorio diocesano comprende 16 parrocchie, 14 cappelle principali e centinaia di altre, sparse nei molti villaggi della foresta. Ci sono 47 preti indigeni e parecchi religiosi e religiose, sia indigeni, che missionari, provenienti da tutti i continenti. Li affiancano circa 500 catechisti, formati anche per celebrare la Liturgia della Parola, quando manca il prete. Il che succede spesso, date le dimensioni delle parrocchie: una è lunga circa 250 chilometri.
Oltre all'attività pastorale e di evangelizzazione (permane un buon numero di animisti), la Diocesi è impegnata nella promozione umana, attraverso specifici dipartimenti, che si occupano di educazione (l'85 per cento della popolazione è analfabeta e i bambini scolarizzati sono meno del 60 per cento), salute (l'Hiv è ben presente), giustizia e pace, mezzi di sostentamento, acqua, emergenze umanitarie (i migranti rientrati dal Nord sono circa 10mila, e continuano ad arrivare), donne e famiglia. Gli uffici diocesani coordinano le varie strutture: 11 asili infantili, 8 scuole primarie, 3 secondarie, 2 collegi, un ospedale, 2 cliniche, 1 centro per i lebbrosi, 2 centri di supporto per i sieropositivi (adulti e bambini), un centro di formazione per le donne.
«Tra il 2012 e il 2013 si celebra l'Anno della Fede - conclude il Vescovo -. Per rinnovare e rafforzare la nostra, abbiamo in programma parecchie attività. Da questo punto di vista, assume uno speciale significato la Croce centenaria che dallo scorso anno è portata in processione attraverso tutte le parrocchie. Quando il 12 dicembre è arrivata qui, ha coronato un cammino lunghissimo: è stata infatti trasportata, a piedi, per più di 2.000 chilometri. Stiamo infine preparando un libro con la storia della nostra diocesi per tenere viva la memoria di questi 100 anni nel sentiero della fede».
Romina Gobbo