Una sosta di fronte al Mistero

Il Messaggio dei vescovi italiani per il Congresso eucaristico nazionale. Oggi si sperimenta una “distanza culturale” tra la fede cristiana e la mentalità contemporanea in tanti ambiti.

09/02/2011
Il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco.
Il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco.

Non «una parentesi nella vita quotidiana delle comunità», ma piuttosto «una sosta preziosa per metterci di fronte al Mistero da cui la Chiesa è generata, per riprendere con rinnovato vigore e slancio la missione». Con questa immagine i vescovi italiani descrivono il 25° Congresso eucaristico nazionale, che si terrà ad Ancona dal 3 all’11 settembre di quest’anno, nel Messaggio con cui invitano tutti i fedeli a prendervi parte.

Riprendendo la tematica del precedente Congresso di Bari, Senza la domenica non possiamo vivere, in questa occasione al centro della riflessione ci sarà la domanda che l’apostolo Pietro rivolse a Gesù: «Signore, da chi andremo?». Vuole essere una sollecitazione, spiegano i vescovi, «a non dare per scontato il nucleo essenziale della fede, a tenere aperto il senso del Mistero che si celebra lungo l’anno nella pratica del “giorno del Signore”, da custodire anche come giorno della comunità cristiana e giorno dell’uomo, del riposo e della festa, tempo per la famiglia e fattore di civiltà».

Pur consapevoli «che oggi si sperimenta una “distanza culturale” tra la fede cristiana e la mentalità contemporanea in tanti ambiti della vita quotidiana», l’episcopato italiano ritiene che questa distanza non debba essere «considerata con fatalismo, ma al contrario come sollecitazione per scelte incisive nel nostro modo di essere cristiani». Di qui dunque l’impegno di una azione pastorale capace di «suscitare nella coscienza dei credenti l’unità delle esperienze della vita quotidiana, spesso frammentate e disperse, in vista di ricostruire l’identità della persona».

Saverio Gaeta
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Postato da Andrea Annibale il 09/02/2011 19:25

Per me l’eucarestia è vivere Cristo, fare esperienza di lui, gioire con lui. L’eucarestia ha senso se è pegno di una dimensione morale della vita, sia nel sociale, sia a livello individuale. Questo è vivere Cristo. Che gioia se saremo chiamati alla destra di Cristo! “Venite benedetti del Padre mio” (Matteo, 25, 34)! Fare esperienza di Cristo significa che l’eucarestia è strumento indispensabile per l’empatia con Dio e per la sua sequela. Sentire come Dio, compatire come Dio, soffrire, se possibile, come Gesù, il giusto ha sofferto. Tutto questo è possibile grazie all’eucarestia. Infine, gioire con lui, sentendosi parte di quella Nuova Alleanza che è fonte inesauribile di gioia che nessuno ci potrà mai togliere (Giovanni, 16, 23). Una gioia che nell’eucarestia si fa piena, pegno della gioia dei Cieli, anticipazione della vita eterna. Infine c’è un legame strettissimo tra eucarestia, morte e resurrezione. Si tratta di tre elementi che formano una sorta di matrioska. Dentro la resurrezione c’è la morte e dentro la morte c’è l’istituzione dell’eucarestia. Il sangue dei martiri è la sintesi perfetta di questi tre elementi, come dice l’Apocalisse (Apocalisse, 6, 8-11). Il sangue di Cristo è salvifico e quello dei martiri verrà vendicato sopra gli abitanti della terra. Che senso ha questa vendetta nel contesto del Dies Irae? Penso che chi ha testimoniato Cristo partecipando alla santa eucarestia scamperà a questa vendetta. Non proseguo oltre perché questa è materia per i teologi professionisti. Mi limito a dire che l’eucarestia è elemento centrale e santo della vita cristiana.

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