10/11/2012
Papa Benedetto XVI
Quattro mesi ridotti a due. Il tecnico informatico Claudio Sciarpelletti, impiegato della segreteria di Stato e rinviato a giudizio nell’ambito del processo Vatileaks per favoreggiamento nei confronti del maggiordomo del Papa Paolo Gabriele ha avuto una pena mite, così come era nelle aspettative.
L’udienza di oggi conclude così la fase giudiziale legata alla fuga dei documenti vaticani poi finiti nel libro di Gianluigi Nuzzi, Sua Santità, mentre proseguono le indagini sugli altri filoni lasciati aperti dall'inchiesta.
Il tecnico era stato indicato da una fonte anonima, probabilmente della stessa segreteria di Stato come amico di Paolo Gabriele. Nella perquisizione che la gendarmeria ha condotto nell’ufficio di Sciarpelletti è stata poi trovata una busta con timbri a secco della segreteria di Stato e l’indicazione “Paolo Gabriele”. La busta conteneva alcune bozze del libro di Nuzzi. Sciarpelletti, che si era più volte contraddetto nelle prime interrogazioni, ha dichiarato di non aver mai preso visione del contenuto della busta.
Il tribunale presieduto dal professor Giuseppe Dalla Torre lo ha condannato, al termine delle due udienze «per avere egli aiutato a eludere investigazioni». La pena è stata sospesa per un termine di cinque anni. Sciarpelletti dunque non andrà in carcere e, se nei prossimi cinque anni non commetterà reati, la pena sarà cancellata.
In cella, invece, si trova Paolo Gabriele, condannato a 18 mesi. Sulle insistenti voci di una possibile grazia del Papa è intervenuto anche il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato: «Certamente il Papa ha già perdonato, ma il perdono non significa grazia», ha dichiarato il cardinale. Aggiungendo che «non spetta alla segreteria di Stato decidere sulla grazia, ma questo è un atto esclusivo del Santo Padre. Se egli, in cuor suo la volontà di concederla, noi lo seguiremo come abbiamo sempre fatto».
Annachiara Valle