29/10/2012
La foto di copertina è dell'agenzia Reuters.
La storia religiosa millenaria dell'Etiopia in oltre 100 preziosi manufatti artistici. E' la mostra “Aethiopia Porta Fidei. I colori dell'Africa cristiana”, ospitata al Museo diocesano di Vicenza fino al 24 febbraio 2013. Per tutto il suo passato storico, prima giudaico e poi cristiano, l’Etiopia è considerata una sorta di provincia dell’Oriente cristiano "casualmente" in terra d’Africa. Icone, rotoli magici, croci, libri, strumenti: i reperti sono tutti molto particolari e poco conosciuti.
La lunghissima tradizione esposta nella mostra comincia addirittura le sue radici nel popolo ebraico e viene fatta risalire lontano fino forse alla regina di Saba, nel suo viaggio in terra di Israele per incontrare il re Salomone. Secondo alcune interpretazioni, già vive nell'antichità, dovrebbe identificarsi proprio con la regina di Saba la voce femminile del Cantico dei Cantici che pronuncia la frase che in in latino suona “Nigra sum sed formosa” e che potremmo tradurre in “Sono bruna ma bella”. La tradizione locale colloca proprio in Etiopia il regno di Saba e racconta che Salomone avrebbe preso la regina con l'inganno durante la visita di lei alla corte di Israele.
Ci sono poi i reperti che ci riportano alla Chiesa cristiana delle
origini, che rivive ancora oggi perché si sono conservati riti,
rappresentazioni artistiche in cui è evidente lo spirito della prima età
evangelica. E questo si deve naturalmente al fatto che l'Etiopia
cristiana si è trovata rapidamente circondata da popoli islamici e che
proprio per questo si è radicata nella tradizione, ha difeso
l'affermazione di un'identità di razza, lingua, costumi, che in buona
misura, nonostante tante fasi critiche, è giunta fino a noi.
Di fronte al racconto di tutto ciò attraverso bellissimi reperti ci si ricorda che in Europa non si può essere monocentrici. E' la riflessione del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, che incontriamo alla presentazione della mostra a Roma.
«Riscoprire questa ricchezza – ci dice - serve a noi europei per
perdere l’autoreferenzialità che ci caratterizza, derivata spesso da un
senso di superiorità che, pur avendo come adice ultima delle
giustificazioni dal punto di vista della storia, del pensiero e della
cultura, non si giustifica mai quando va oltre i limiti di una capacità
di convivenza e di unità con tutta quanta la famiglia umana».
E' indubbio che la ricchezza della Chiesa d'Etiopia, che la mostra
documenta, è un’occasione e una provocazione per la nuova
evangelizzazione in Europa. Basta pensare all'intensità dei colori delle
icone, che sembrano sintetizzare l’immaginario religioso di un popolo.
Nella mostra ce ne sono una quarantina di piccolissimo formato,
realizzate tra il XVI e il XVIII secolo. Erano un accessorio quotidiano
quanto prezioso.
L’arcivescovo di Addis Abeba, cardinale Demerew Souraphiel Berhaneyesus, e l'arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola.
Ma tanta ricchezza di storia non può far dimenticare l'oggi: l'Etiopia è il secondo Paese più popoloso d'Africa, con più di 86 milioni di abitanti, di cui la metà ha meno di 20 anni.
E' uno dei Paesi più poveri al mondo. Nelle zone rurali si conta un
medico ogni 100.000 abitanti. Ha le potenzialità per crescere ma lo
sviluppo economico, industriale e quello delle infrastrutture richiede
innanzitutto personale con adeguate competenze. I migliori giovani
attualmente vanno a frequentare l'Università all'estero.
Ecco che la storia cerca di mettersi a servizio dell'attualità: la
mostra è stata voluta per raccogliere fondi per portare avanti il
progetto dell'Università Cattolica d'Etiopia San Tommaso d'Aquino
Ecusta, ad Addis Abeba. Il terreno c'è: il Governo federale della
Repubblica Democratica d'Etiopia ha donato 60 ettari. Attualmente c'è
solo una piccola struttura gestita da suore salesiane di Zway, a 250
chilometri dalla capitale, che ospita corsi di laurea diurni e serali
per tecnici di laboratorio medico e operatori sociali. Ma si farà,
invece, un vero e proprio Campus medico in gemellaggio con l'Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano e l'Università degli Studi di
Padova.
L’arcivescovo di Addis Abeba, cardinale Demerew Souraphiel
Berhaneyesus, ci racconta che i servizi educativi assicurati dalla
Chiesa cattolica da tempo sono molto apprezzati dal popolo e che lo
stesso governo etiopico chiese a Giovanni Paolo II di aprire
un’università. Ci spiega, poi, che il progetto è stato fortemente
sostenuto dalla Conferenza Episcopale Italiana. E' evidente che un
Campus universitario così progettato potrà essere molto importante non
solo per l’Etiopia ma anche per tutto il Corno d’Africa, per la Somalia,
per Gibuti, per l’Eritrea, per il Sudan.
L'arcivescovo di Addis Abeba aggiunge che “il polo universitario può avere conseguenze positive fino in Medio Oriente,
dove si recano molti etiopici per lavorare come domestici, come
infermieri”. Sottolinea che ovunque “solo con l’educazione si può avere
una coesistenza pacifica e si può assicurare partecipazione dei giovani
allo sviluppo del Paese”. La mostra insegna che non può esserci
educazione senza memoria storica.
Fausta Speranza