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Francesco, uno di noi

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Postato da Celso Vassalini il 14/06/2013 21:05

A tre mesi esatti dalla sua elezione al Soglio Pontificio Papa Francesco è già riuscito ad imprimere dei forti cambiamenti nella Chiesa. Da quella famosa serata del 13 marzo in cui quasi dalla fine del mondo arriva un personaggio inedito, un personaggio che nessuno conosceva e che si presenta così. “Annuncio habemus papam. Eminentissimo Jorge Mario Cardinale Bergoglio. “Fratelli e sorelle buonasera. Incominciamo questo cammino vescovo e popolo, questo cammino della chiesa di Roma che è quella che presiede nella carità a tutte le chiese. Vi chiedo un favore, prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi pregate il Signore perché mi benedica”. La preghiera del popolo chiedendo la benedizione per il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera voi su di me”. L’abbiamo ascoltato quel lungo silenzio della folla in Piazza San Pietro, ha stupito subito tutti papa Francesco con quel gesto, la richiesta di una preghiera silenziosa che ha ripetuto più volte anche durante la celebrazione del Corpus Domini. Spontaneo, capace di accompagnare anche attraverso una videotelefonata i pellegrini in cammino verso loreto, austero nella preghiera ma caloroso con i fedeli, sembra aver già scritto un Enciclica dei gesti papaBergoglio. Avvince con la sua semplicità, i suoi modi aperti dove anche un saluto è un saluto speciale perché i suoi sono gesti straordinari per la loro semplice autenticità. E’ allegro e ironico papa Francesco quando gioca con la papalina, la scambia, accetta il cappello. Gesti che lo hanno fatto sentire subito accesssibile, vicino alla gente come un parroco, come un padre. L’ascolto è la sua missione e di tanti parroci. Uscire per strada e andare verso le persone, conoscerle una a una, ricordare i loro nomi, ascoltare le loro storie, sorreggere i più deboli, confortare le dignità umiliate perché Bergoglio prima di tutto è un riformatore di anime. E subito il mio umile pensiero Va al parroco di Roccafranca Don Giuseppe Verzeletti che celebra domenica 23 giugno la 50° di ordinazione sacerdotale, 50 anni di dura forgiatura di anime. Con il suo sguardo notte e giorno ha cercato i loro volti e li ha incoraggiati a non farsi rubare la speranza. E’ una storia d’amore quella tra papa Francesco e Don Giuseppe la gente. Come instancabilmente il papa e i parroci dicono “ Il padre crea il mondo, Gesù ci salva, e lo Spirito Santo? Ci ama. Gesti forti, simbolici, rivoluzionari, spesso più comprensibili delle parole che corrispondono alla saggezza di vita di un autentico pastore del cuore con la capacità proprio in un gesto di far arrivare un forte messaggio di fede, il calore della fiducia, la forza della speranza di toccare i nostri cuori come se stesse parlando a ognuno di noi, di farci sentire anche in mezzo alla folla individualmente abbracciati. Cioè il papa comincia realizzare quella collegialità che il Concilio Vaticano chiedeva. Il vicario di cristo non è solo il papa ma ciascun vescovo e quindi il papa con i vescovi deve guidare la chiesa. Intanto bisogna capire chi è Bergoglio. E’ un pastore e lo vediamo ma è stato un uomo di governo a vari livelli. Non significa che lui stia venendo meno a nessun modo al primato pietrino . E’ assolutamente gesuita e tra l’altro nella storia di Sant’Ignazio, Francesco ha avuto un ruolo importante, cioè è il Francesco di Sant’Ignazio che si converte perché legge la vita di Francesco e decide di cambiare vita perché si ispira a quella esperienza Francescana. In questo senso è gesuita al cento per cento perché la compagnia è missionaria, perché la compagnia si apre alla missione cioè è aperta a ciò che è anche lontano rispetto a quelli che sono i confini del mondo conosciuto. Sono come i Carabinieri, li trovi dappertutto. Sono intellettuali e missionari, sono uomini di testa ma sono uomini anche di piazza. Carabinieri e gesuiti, è il frutto di un bisogno di capire l’altro cioè il bisogno di uscire da se stessi per capire il proprio gregge, dai piccoli e grandi Comuni della nostra martoriata e dignitosa Italia. E quindi direi questa dimensione gesuiti e carabinieri della universalità, dalla apertura all’altro, al diverso, la volontà di ascoltare le persone fa parte integrante della spiritualità della compagnia gesuita e dei Carabinieri. Papa Bergonzio, con alcuni gesti molto significativi sta togliendo tutto ciò che di troppo è a suo avviso della corte Pontificia. Questo è il primo dato. Poi sta dimostrando il papa delle grandi periferie del mondo, in questo è un papa globale perfino più del Beato Giovanni Paolo II. Io ho l’impressione che sorprenderà molti anche all’interno della chiesa e soprattutto all’interno del partito romano si rendano conto del compito che ha avuto questo papa dal Conclave, che è un compito di rottura. Ma questo papa ci porta alla rivoluzione? Io credo di si perché tra l’altro se uno mettesse in fila tutte le omelie che lui fa al mattino a Santa Marta, vedrebbe già delineato un programma pastorale. Se uno va a leggere lì c’è la storia della chiesa negli ultimi mesi, negli ultimi anni cioè le critiche anche alle diverse categorie di persone, ai cardinali di curia, ai teologi, agli arrampicatori sociali e delinea questa chiesa che da chiesa autoreferenziale, una chiesa chiusa su se stessa deve uscire come lui dice sempre verso le periferie cioè verso la gente e questo credo che sia molto gesuita pensando prima perché devo dire che rileggendo la storia di Sant’Ignazio c’è tutta questa apertura al nuovo, al futuro, questa apertura alla missionarietà, questo contemperare una voglia maggiore di spiritualità con anche lo stare in mezzo alla gente. Se uno va a mettere in fila tutto quello che lui ha detto in questi tre mesi è incredibile come lui abbia in tre mesi cambiato completamente lo scenario e questo fa capire come mentre scresce sicuramente il feeling spirituale con la gente, cresce anche il momento di fibrillazione all’interno del Vaticano. E’ cominciata una vera rivoluzione e bisogna vedere dove ci porterà questa rivoluzione perché certamente intanto ha tirato fuori la chiesa da uno stato di crisi in cui era precipitata. Grazie al grande pragmatismo anglosassone i cardinali americani sulla situazione all’interno del Vaticano e nell’ultimo Conclave i cardinali americani hanno svolto un grande ruolo “spirituale” di facitori di re perché anno proprio spinto e lavorato dietro le quinte bene perché si avesse un papa non italiano, non di curia e del terzo mondo. Questo papa intanto ha già eliminato dall’inizio quell’immagine imperiale e semidivina al papato ponendosi come vescovo e come Prete, cioè lui quando fa la predica non è che sta seduto ma sta in piedi come tutti i Parroci. Auguri Don Giuseppe Verzeletti per il 50° di Ordinazione Sacerdotale e 50 anni di dura forgiatura di anime. Ci sarò domenica alla S. Messa della casa di Dio Roccafranca. Celso Vassalini di Brescia.

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