02/03/2013
Joseph Ratzinger negli ultimi giorni del suo pontificato. Foto Reuters.
Benedetto
XVI, con la sua sconvolgente e inaspettata decisione dello scorso 11
febbraio di lasciare il timone della Chiesa di Cristo ad altre mani
più forti e robuste, ha messo tutti noi di fronte al segno più
tangibile ed eloquente di come vivere la fede oggi attraverso segni
concreti e disarmanti, fatti di umiltà e coraggio, di novità e
lungimiranza.
Questo
gesto, così profetico e umano allo stesso tempo, avviene in un
momento particolare non solo per la Chiesa di Pietro che ha sede a
Roma; esso infatti si è posto, senza volerlo, in contrapposizione
con la ricerca sfrenata, accanita, spudorata e violenta del potere ad
ogni costo da parte di partiti e politici, non tanto per gli
interessi della comunità, ma più spesso per il proprio tornaconto
personale.
La
dilagante corruzione e l’abuso di fondi pubblici hanno contribuito
a impoverire l’Italia e gli italiani, non solo da un punto di vista
economico, ma soprattutto di valori veri e umani. Questo è la
visione e la realtà che molte persone hanno vissuto sia durante che
dopo le elezioni. E questo è anche il desiderio di molti: condurre
di nuovo l’Italia verso una cultura di onestà e rispetto, di
accoglienza e cura, specialmente delle fasce di persone più deboli e
a rischio.
Quante
persone sono state deluse e sconcertate di fronte a una campagna
elettorale meschina, denigratoria e non degna di un popolo civile,
che chiede invece dignità e rispetto nelle parole e nei gesti.
Quante persone sono rimaste confuse e hanno perso fiducia nelle
istituzioni che i nostri politici di tutti gli schieramenti dicevano
a parole di voler rappresentare. Quanti soldi sprecati in cartelloni
pubblicitari con parole vuote di senso e di realtà.
Ora è
tempo di voltare davvero pagina e di mettersi seriamente alla ricerca
del bene comune per aiutare la nostra società a costruire un futuro
fatto di umanità e soprattutto di attenzione ai giovani, alle donne,
al mondo del lavoro e delle famiglie. Ma per fare questo dobbiamo
tutti rimboccarci le maniche e assumerci ciascuno le nostre
responsabilità: l’Italia, o la si si salverà tutti insieme o
finirà per sprofondare - e noi con lei - nel baratro della povertà
e dell’umiliazione anche a livello internazionale.
Ben
venga quindi l’esempio di Benedetto XVI che, con il gesto della
rinuncia al potere e ai suoi privilegi di capo e pastore della
Chiesa, ci ha insegnato che cosa vuol dire essere coerenti con i
principi della fede in Colui che, ancora oggi, ripete a noi tutti una
cosa fondamentale: chi vuole essere il primo deve farsi il servo di
tutti, giacché Lui, il Cristo è venuto per servire e non per essere
servito. E con Giacomo anche noi ci ricordiamo che: la
fede se non ha le opere, è morta in se stessa…
«Mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti
mostrerò la mia fede». (Gc 2, 14-19)
Suor Eugenia Bonetti