Don Geppe Coha

I ragazzi dell'oratorio tra smartphone e screentouch

28/06/2010
Don Geppe Coha mostra al cardinale di Torino Severino Poletto il nuovo portale della diocesi (foto Pasquale Juzzolino).
Don Geppe Coha mostra al cardinale di Torino Severino Poletto il nuovo portale della diocesi (foto Pasquale Juzzolino).

«La pagina è chiara e molto leggibile. Il sito si presenta bene, ma mi disturba un po’ la pubblicità attorno. Trovo che questa fascia esterna sposti l’attenzione più sulla scritta pubblicitaria che sulla testata della rivista. Se posso dare qualche consiglio, inoltre, metterei più in evidenza il numero in edicola di Famiglia Cristiana e chiarirei meglio a cosa serve la registrazione con login e password». Don Geppe Coha, parroco di Madonna di Pompei, a Torino, ha appena presentato con il cardinale della sua città, il nuovo portale della diocesi di cui è curatore.

«Internet», spiega, «non è più neanche uno strumento, ma un ambiente. Fa parte della nostra quotidianità. Non sappiamo ancora dove andremo, ma probabilmente tra qualche anno saremo sempre tutti connessi. Questo sarà il nostro normale modo di comunicazione». Esperto di informatica, ma anche molto vicino ai ragazzi della parrocchia, don Geppe nota che «per loro è normale avere in mano uno smartphone con il touch screen. Questo per me, anche se sono abbastanza addentro alle nuove tecnologie, non è una cosa così immediata. Per le nuove generazioni, invece, è questa la modalità di comunicazione. Questo ci impone, come Chiesa, come educatori, di ripensare le modalità di entrare in relazione con loro». Secondo il parroco torinese «non viene eliminata la priorità della relazione faccia a faccia, però questa relazione è potenziata da tante altre modalità».

Don Coha è su facebook, «perché ci sono tutti i ragazzi della parrocchia, ma confesso che lo uso poco. Sono nel loro flusso di comunicazione e quando serve mi connetto, ma non curo particolarmente il mio profilo. Questa invece – di curare il proprio profilo su facebook – è una cosa che i ragazzi fanno molto. Io ci sono perché questo è un luogo e là dove ci sono le persone, lì deve esserci anche la Chiesa».

Annachiara Valle
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