22/06/2011
Padre Clemente Vismara in Birmania.
La grande festa di Milano per i suoi tre
nuovi beati – padre Clemente Vismara,
suor Enrica Alfieri e don Serafino
Morazzone – si tiene in piazza Duomo
domenica 26 giugno, per la Messa presieduta
dal cardinale Tettamanzi e dal legato pontificio,
il cardinale Angelo Amato, prefetto della
Congregazione delle cause dei santi. La varietà
di questi modelli di fede e di virtù cristiane
«li rende affascinanti e preziosi per noi:
davvero infinita è la fantasia di Dio e infiniti
sono i sentieri sui quali egli ci chiama a seguirlo
», ha scritto nel manifesto d’invito il
cardinale Dionigi Tettamanzi.
Della tradizione missionaria lombarda è
testimone, in particolare, padre Clemente Vismara,
del Pontificio istituto missioni estere
(Pime), per 65 anni apostolo del Vangelo in
Birmania (l’attuale Myanmar). Nato il 6 settembre
1897 ad Agrate Brianza, vicino a Milano,
dopo una prima esperienza nel seminario
diocesano milanese e la partecipazione alla
prima Guerra mondiale, entrò nel Pime e
fu ordinato sacerdote il 26 maggio 1923.
La partenza per l’Estremo Oriente fu immediata
e l’unico rientro in Italia avvenne
per qualche mese nel 1957. Infatti, nel 1966,
quattro anni dopo la salita al potere del regime
militare, venne impedita la permanenza
nel Paese ai missionari stranieri in Myanmar
dopo l’indipendenza (1948): perciò Vismara
decise di restarvi definitivamente fino alla
morte, avvenuta il 15 giugno 1988.
Il suo biografo ufficiale, padre Piero Gheddo,
andò a visitarlo nel 1983. «Aveva 86 anni
ed era ancora parroco a Mongping», racconta,
«e quando gli chiedevo di intervistarlo sulle
sue avventure mi rispondeva: “Lascia perdere
il mio passato e pensiamo piuttosto al
futuro!”. E cominciava a parlarmi dei villaggi da visitare, delle scuole e cappelle da costruire,
delle richieste di conversioni che gli giungevano
da varie parti».
Padre Angelo Campagnoli, confratello di
Vismara e per alcuni anni in missione nella
medesima zona, ha raccontato nel processo
diocesano che la caratteristica del novello beato
fu la fedeltà alla propria vocazione: «L’impressione
che dava era quella di una ruota
che continuava a girare: quando i bambini
che aveva raccolto orfani diventavano grandi,
si sposavano e uscivano dalle sue cure, altri
erano già pronti a ricominciare il giro. La sua
frase famosa, “sei vecchio quando non sei più
utile a nessuno”, nasce dal fatto che lui è rimasto
utile a tutti fino a 91 anni».
Il suo metodo apostolico era semplice e
concreto. Visitava sistematicamente i villaggi
e in ognuno di essi dava avvio all’insegnamento
della dottrina cristiana, lasciando
quindi a dei catechisti locali il compito di
proseguire questo impegno. Al ritorno nella
missione centrale portava con sé centinaia di
orfani e di bambini abbandonati, che educava
insegnando loro un mestiere. Al momento
della sua morte, in casa ne aveva oltre
250. Nel corso degli anni sono scaturite fra loro
numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita
consacrata.
Proverbiale era, in tutta la diocesi di Kengtung,
la sua fiducia nella provvidenza. Padre
Vismara trascorreva le sue serate scrivendo
lettere agli amici in ogni parte del mondo,
per sollecitare l’invio di aiuti materiali e preghiere.
E, grazie ai tanti benefattori che gli
vennero sempre incontro, nessuno dei suoi
ragazzi restò mai digiuno o a mani vuote. Per
rendergli omaggio, quando compì 90 anni la
Chiesa locale lo proclamò “patriarca della Birmania”.
Dopo la morte, la venerazione per il missionario
si è sempre più intensificata. Ha
scritto il vescovo emerito di Kengtung, Abramo
Than: «Abbiamo avuto tanti santi missionari
del Pime, ma per nessuno di essi si sono
verificati questa devozione e questo movimento
di popolo per dichiararlo santo». E in
effetti il processo di beatificazione, avviato
dal cardinale Carlo Maria Martini nel 1996
sulla scia dell’impegno del Gruppo missionario
di Agrate Brianza, si è concluso in tempi
rapidissimi.
Conferma il direttore editoriale della rivista
del Pime Mondo e missione, Gerolamo
Fazzini, appena rientrato da un viaggio in
quelle terre: «Ho raccolto moltissime testimonianze
di affetto da persone che hanno
potuto conoscere personalmente Vismara e
sperimentare la sua capacità di educatore e
di formatore, insieme con l’attenzione a promuovere
la dignità umana dei più disagiati.
In un villaggio nel Nord della Thailandia abitato
da profughi dalla Birmania ho visto una
cappella con un suo ritratto, intitolata però a
san Clemente papa per poter invocare lo stesso
nome di Vismara. Ora, finalmente, non sarà
più necessario questo stratagemma, poiché
si potrà dedicare la chiesetta direttamente
al beato missionario».
L’eroicità delle sue virtù è stata riconosciuta
il 15 marzo 2008, mentre il miracolo è stato
approvato il 2 aprile 2011. Si tratta della
prodigiosa guarigione di un bambino birmano
di 10 anni che, cadendo da un albero, riportò
la rottura della scatola cranica e venne
considerato in fin di vita. Dopo quattro giorni
di coma profondo, improvvisamente si risvegliò
perfettamente risanato.
Saverio Gaeta