Don Battaglia incontra Tobia

Intervista al sacerdote, il primo ad approdare alla finale dello Strega, protagonista della prima tappa di "Tobia": la libreria mobile che invade le piazze italiane.

16/05/2011
Don Gino Battaglia, primo sacerdote finalista allo Strega, tra gli ospiti della tappa a Parma di Tobia.
Don Gino Battaglia, primo sacerdote finalista allo Strega, tra gli ospiti della tappa a Parma di Tobia.

   Per la prima volta nella storia dello Strega, il più importante premio letterario italiano, un sacerdote è entrato nella selezione dei 12 finalisti. Si chiama Gino Battaglia e il romanzo con cui ha stabilito questo primato si intitola Malabar (Guida). Il sacerdote e il suo libro saranno fra i protagonisti a Parma della prima tappa di “Tobia. Famiglie e parole in viaggio”, la grande iniziativa del Gruppo San Paolo e del Forum delle associazioni familiari che vuole portare la cultura cattolica in piazza (tutto il programma dei cinque giorni di sosta a Parma e dell’intero tour, che toccherà 15 piazze italiane da qui a ottobre, è disponibile su www.libreriatobia.it).

   Basta la lettura di poche pagine di Malabar per trovarsi catapultati in un’altra epoca, il XVI secolo, e soprattutto in un altro mondo, l’India, che ci assale con tutti i suoi odori, sapori, colori, la sua gente che preme da tutte le parti in una calca onnipresente. E’ quello che accade a un giovane Matteo Ricci – il missionario gesuita celebre per la sua attività in Cina – che percorre alcune affollate strade per incontrare un anziano e provato padre Alvaro Penteado, santone per la gente locale, personaggio controverso e discusso per il mondo occidentale. «Il romanzo nasce dai miei studi e dai miei viaggi in India», racconta don Battaglia. Un passione che risale alla giovinezza e che ha trovato in padre Alvaro un personaggio controverso, tormentato, e intrigante, che molto lucidamente denuncia il fallimento dei grandi ideali giovanili ed europei. Dopodiché ho trovato delle tracce di una presenza di Matteo Ricci in India all’inizio della sua attività missionaria. Dall’idea – non impossibile, ma storicamente non documentata – di farli incontrare è nato il romanzo».

   E poi c’è appunto l’amore per l’India, che il sacerdote-scrittore ha cercato di restituire, riuscendovi, in tutta la sua forza e il suo fascino. Il tema che emerge in maniera prepotente da queste pagine è quello dell’incontro con l’altro, con genti, culture, luoghi diversi dal nostro. «La riflessione sull’evangelizzazione in Asia resta ancora viva», spiega don Battaglia, «e si pone in questi termini: come comunicare con un continente che ha una civiltà millenaria, fondamentalmente ancora da evangelizzare? L’esperienza dell’inculturazione di Matteo Ricci può essere una risposta: la proposta di una sapienza che possa dialogare con una cultura antica e radicata. Un problema complesso, ancora bisognoso di risposte, segnato da conflitti…In merito esistono tanti saggi, così ho pensato che affrontarlo con la chiave della narrativa avrebbe potuto sviluppare nuove forme di indagine».

   L’attualità del tema dell’incontro con l’altro, e nello specifico con l’Asia, è evidente. «Il mondo asiatico ci interroga in maniera sempre più pressante, ed è destinato a pesare sempre di più sugli scenari internazionali. Con lo sguardo dello storico, potremmo anzi dire che il dominio europeo sembra una parentesi nel ciclo delle epoche». Alla dimensione storica del libro ne corrisponde una esistenziale: «La vicenda che racconto è anche una metafora della vita, fatta di incontri, nei quali l’altro spesso si rivela diverso rispetto alle nostre aspettative, ci mette in discussione». E’ curioso rilevare come le problematiche indagate in Malabar siano lo specchio del profilo umano e religioso di don Battaglia, direttore dell’ufficio sull’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, docente di Storia dell’Asia a Perugia, impegnato nella Comunità di Sant’Egidio (per la quale segue le comunità africane, in particolare quella in Uganda, e quella napoletana).

   Felice dell’apprezzamento del romanzo da parte dei giurati dello Strega, si augura che l’attenzione si posi sul libro e i suoi contenuti più che sul personaggio. Infine, una parola di incoraggiamento su Tobia: «Tanto più in un momento di crisi e di smarrimento, in cui sono venuti meno valori e punti di riferimento, la cultura cattolica ha molto da offrire e da dire. Si veda ad esempio il tema dell’incontro con l’altro, di cui abbiamo parlato: la fede offre una bussola per orientarsi, superando l’emotività e le paure spesso indotte».

Paolo Perazzolo
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