21/01/2012
Paolo Benvegnù in concerto (copertina: Benvegnù con i suoi musicisti).
Paolo Benvegnù è uno dei più talentuosi cantautori italiani. Il suo ultimo lavoro, Hermann (La Pioggia Dischi/Venus), è un disco visionario e struggente che, attraverso tredici brani nei quali rock, pop e letteratura si amalgamano alla perfezione, ci racconta la storia dell'evoluzione dell'uomo. Un album intenso che ha permesso al cantautore milanese di classificarsi secondo alle Targhe Tenco 2011, e di aggiudicarsi il Premio Italiano Musica Indipendente come miglior solista dell'anno. Del disco e del rapporto fra musica e letteratura Paolo Benvegnù ha parlato con FamigliaCristiana.it.
- Il suo album ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti importanti ed è stato elogiato da moltissimi critici. Si aspettava tutto questo successo?
"Premetto che ogni piccolo riconoscimento a me personalmente sembra una restituzione incredibile. Perciò per me e i miei sodali (Andrea Franchi, Guglielmo Ridolfo Gagliano, Michele Pazzaglia, Luca Baldini), Hermann è stato foriero di grandi soddisfazioni. Detto ciò, il vero successo per me sta nell’immaginare, nell’immaginarsi, nell’esprimersi il più possibile compiutamente. Tutto questo sta a monte delle considerazioni altrui, che certo mi hanno fatto piacere. E che, sinceramente, non mi aspettavo".
- Hermann è un album denso di suggestioni letterarie. Secondo lei che rapporto c'è fra rock e letteratura?
"Penso che tra musica e letteratura ci dovrebbe essere una vasta densità di coesione. Almeno per quanto riguarda l’innata volontà di scrivere canzoni, di descrivere senso e segno. Ho usato il condizionale perché non sempre questo fluire tra discipline mi sembra aggraziato. E anche, perché no, per lasciare libertà alla musica di essere “esposizione”, alla parola di essere “danza”".
- Quali sono i suoi scrittori preferiti?
"Ho quasi cinquant’anni e leggo da molto, moltissimo tempo... Una ipotetica lista potrebbe essere infinita. Ultimamente leggo spesso Calvino, Saviane, Bufalino, Cioran... Loro e di infinitamente altri sono le altezze e le profondità... Da fruitore, sono incantato. E ringrazio".
- Riguardo alla musica, invece, quali sono i suoi punti di riferimento?
"Tutto è musica. Anche il linguaggio. Così l’uomo è musica. La lista dei riferimenti sarebbe anche qui interminabile.. Per non fare torti a nessuno, rispondo Mozart, i Beatles, Battiato".
- Una delle canzoni più belle e intense del disco è Avanzate, ascoltate. Cosa vuole trasmettere con questa poesia?
"Sento da sempre una grande lotta. In me e in ciò che incontro e che a volte cerco di descrivere. E’ una lotta così duale e così umana e così imperfetta. Eppure così vitale. E inoltre così complicata da decifrare... La lotta tra gli Abissi e i Cieli immensi. Nel brano, esorto la mia parte in ascesa a manifestarsi più spesso. Per guidare, confortare e accogliere. E per credere".
- Altro singolo degno di nota è Love is talking. Come e perché nasce questa canzone?
"Tutto ci parla, in ogni istante. L’Amore in special modo. Con tutte le sue sfaccettature ed interpretazioni. Se è vero che si ricerca margine per non perdersi, l’amore è il margine più semplice da cogliere. Ma, probabilmente, il più complicato da accogliere veramente. Come la gioia. Come la bellezza di tutto. E gli uomini, spesse volte, vagano smarriti. Per mancanza di strumenti nel sentire".
- Lei è stato per quattro anni, dal 1996 al 2000, frontman degli Scisma, gruppo cult della new wave italiana degli anni Novanta. Che cosa le ha lasciato questa esperienza?
"Di quel progetto mi rimane il gusto della ricerca, dell’impegno che ancora mi guidano. E l’avere imparato a conoscere e a rispettare l’altro, in ogni sua connotazione. Con gli Scisma ho anche capito che gli spazi di volontà sono infiniti. E che si possono usare per comprendere. In ogni senso".
Daniele Rubatti