28/04/2011
Si chiama Brooke Fraser, non è l’oggetto del desiderio di adolescenti in cerca di una nuova diva del rock. Arriva dalla Nuova Zelanda, lì è molto famosa e suo padre è un ex campione degli All Black, la mitica nazionale di rugby sempre ingorda di premi. Si presenta al mondo con Flags - disco nuovo di zecca, il terzo ma il primo distribuito anche al di fuori dei confini nazionali - e con questa frase: «Suono la mia musica in nome di Dio».
In molti la considerano infatti l’ultima icona del christian rock, una corrente nata negli anni Settanta e tendente a mescolare riferimenti al credo religioso con chitarre e basso elettrico. Gli occhi sono profondi, i capelli nero corvino, ha la grinta di Joni Mitchell, il temperamento di Norah Jones e la carica sensuale di Nelly Furtado. Nel disco ci sono canzoni pop dall’anima molto country, il vero folk dei giorni nostri. Qua e là spuntano richiami all’Antico Testamento e giura che una delle esperienze che più l’hanno segnata è l’impegno sociale che ha svolto anni fa in un piccolo villaggio del Rwanda. «Dopo il viaggio in Africa nacque il mio secondo disco, dopo quei giorni la mia vita non sarebbe mai più stata come prima. Del resto la Bibbia ci insegna che anche i brutti sogni sono utili nel grande disegno».
Ha iniziato a suonare e comporre musica molto presto e, altrettanto precocemente è arrivato il successo. «E’ stato incredibile, quando un artista importante passava dalle mie parti, finivo per aprire i suoi concerti». Così è stato con David Bowie e il più giovane animatore della scena blues e pop contemporanea John Mayer. Però se provate a chiedere quale musicista ha più influenzato la musica del suo nuovo disco vi risponde sicura: «Mio marito, è un musicista anche lui. Ero in una stanza e continuavo a ripetere una parte di Something In The Water (il primo singolo, ndr) senza riuscire ad andare avanti, finché lui, forse un po’ stufo di sentirmi cantare sempre lo stesso passaggio, ha iniziato a dare un seguito alle mie parole… Erano perfette».
Federico Scoppio