09/11/2011
È capitato quasi a tutti i grandi della musica, era fatale che dopo dieci anni e quattro dischi da 50 milioni di copie capitasse anche a loro: “Mylo Xyloto” è il primo passo falso dei Coldplay. Nulla di drammatico, per carità. Il disco è schizzato subito in vetta alle classifiche e il tour che ne seguirà andrà benone come al solito (in Italia verranno quest’estate a San Siro, ma prima li vedremo nel nuovo programma di Fiorello). Ma l’impressione che se ricava, anche dopo ripetuti ascolti, è simile alla sensazione che si prova dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua dal rubinetto: ci si disseta e nulla più. Le 14 canzoni di questa nuova prova della band inglese scorrono via piacevolmente, ma alla fine non resta praticamente nulla: né l’emozione di una ballad che ti scalda il cuore come “In my place” né i volenterosi tentativi di superare la forma canzone del penultimo “Viva la vida”. Qui siamo nel più puro territorio pop, il che non sarebbe un male in sé, anzi: se tutte le canzoni avessero la forza della seconda traccia, “Hurts like heaven” non ci sarebbe nulla da obiettare.
Il guaio è le altre, salvo parziali eccezioni, sono quasi tutte una copia sbiadita di questa, con l’aggravante di Princess of China, in cui Chris Martin duetta con la reginetta del pop americano Rihanna: è praticamente un “suo” brano, una tipica canzonetta imbottita di suoni elettronici e di “oh oh”, imbarazzante per una band in cui militano ottimi musicisti come il chitarrista Jonny Buckland e il batterista Will Champion. Che invece hanno preferito eclissarsi in tutto il disco, soffocati da suoni banali, funzionali all’atmosfera di fatua leggerezza che lo attraversa. Il titolo dell’album, “Mylo Xyloto”, almeno è azzeccato: la band ha spiegato che non significa niente. Perfetto per un disco destinato a non lasciare traccia.
Eugenio Arcidiacono