23/01/2013
David Bowie, 66 anni.
Una pop-ballad in crescendo, rarefatta e d’ambientazione berlinese; la voce inconfondibile a guidare le danze, un clip abbastanza malinconico e crepuscolare, un testo essenziale. È Where are we now? – dove siamo adesso? – il singolo apripista che prelude alla pubblicazione, fra un paio di mesi, del nuovo album di David Bowie, The next day.
Un ritorno che è arrivato davvero come un fulmine a ciel sereno sugli asfittici mercati della musica (nessuna anticipazione era trapelata fino alla divulgazione del nuovo brano), e dopo ben dieci anni di quasi assoluto silenzio. Anzi, la sua assenza nella parata di stelle dell’Olimpiade londinese di quest’estate era stata letta da molti più che come l’ennesima conferma del suo proverbiale snobismo, come un’indiretta abdicazione del leggendario “Duca bianco”.
Qualcuno aveva perfino ipotizzato che fosse gravemente ammalato, altri che semplicemente non avesse più alcuna voglia di sprecare le residue energie con le futilità dello show-business.
E invece rieccolo, a festeggiare i suoi 66 anni splendidamente portati, con un progetto discografico nuovo di zecca e destinato, per forza di cose, a venir ricordato tra i più significativi dell’anno appena iniziato. Inutile aggiungere che il brano e le prenotazioni dell’album l’hanno immediatamente sparato ai vertici delle classifiche di iTunes di ben 27 nazioni, dimostrando che di questi tempi il non far nulla è probabilmente la miglior strategia mediatica. Almeno quando si ha alle spalle un blasone e un carisma della sua levatura.
La copertina del nuovo album.
Insomma, il vecchio Bowie è tutt’altro che un pensionato. Anzi, tra i
solchi sembrano agitarsi le medesime vibrazioni di quando a Berlino ci
viveva, incarnando con l’algida, androgina eleganza di sempre, la
massima icona del rock decadente dei tardi anni Settanta.
La canzone racchiude, fin dal titolo, tutta l’inquietudine di questo
presente – suo e del mondo circostante – ma anche le speranze di un uomo
che, dopo 45 anni di carriera e 130 milioni di dischi venduti, sembra
ancora possedere una gran voglia di immaginarsi al futuro: “…Purché ci
sia il sole, purché ci sia la pioggia, purché ci sia il fuoco, purché ci
sia io, purché ci sia tu”.
Prodotto dal fido Tony Visconti il suo ventiquattresimo album registrato
in studio non sarà accompagnato da alcun tour promozionale; in compenso
le centurie dei suoi fan potranno godersi fino a luglio una
stuzzicante mostra retrospettiva allestita in un museo londinese per
sintetizzare tutto il percorso artistico e stilistico dell’ultimo vero
divo del pop planetario.
Franz Coriasco