01/02/2011
Una cosa è certa: Springsteen non è mai banale. Neppure quando, come in questo caso, dà alle stampe un disco concepito, di fatto, decenni addietro. Materiale inedito beninteso, giacché non si tratta d’una ristampa, né dell’ennesima antologia opportunista.
The Promise è viceversa un capolavoro pubblicato in flagrante ritardo; 21 grandi canzoni fuoriuscite dal cappellaccio del Boss nel suo periodo di massima creatività: quei giorni grondanti di passione e sudore che separano la sua definitiva consacrazione nell’Olimpo dei grandi (col gran botto di Born to Run, nel 1976), e quel capolavoro assoluto che fu il successivo Darkness on the edge of town, pubblicato un paio d’anni dopo.
Gioielli in parte ben noti agli appassionati come Because the night portata al successo da Patti Smith, o proposti finora solo dal vivo; ma anche qualcosa d’assai meno noto, come la splendida Someday we’ll be together, una perla degna d’entrar subito nella galleria degli imprescindibili del rocker del New Jersey. Materiale per lo più ottimo, sia quando svela quelli che diverranno i tratti salienti dell’epica springsteensiana, sia quando il nostro indulge nel divertissement pop o dà fiato al suo inconfondibile urban-soul. Tanto più se si considera quanta acqua nel frattempo sia passata sotto i ponti, suoi e dell’America.
Così quel che potrebbe sembrare un album di scartini - o di outtakes, come si dice in gergo per nobilitarli- si staglia oggi quasi come una pietra miliare nel percorso creativo di una delle “voci” più sincere, carismatiche e valoriali dell’America post-kennediana.
Franz Coriasco