06/09/2011
John Mellencamp ha da poco pubblicato "No Better Than This".
Nervi tesi e voce roca, John Mellencamp è il più grande fan di Bob Dylan, ma si è sempre ritrovato sulla scia di Woodie Guthrie e Pete Seeger a incarnare il vero continuatore della scena folk americana. Nel 1983 finì ospite a Domenica in: la prolungata attesa, galeotta l’esibizione di orsi ballerini di un circo, lo infastidì al punto che scappò, nel vero senso della parola. Giurò che non avrebbe messo più piede in Italia. Un peccato perché invece il rocker è apprezzato e molto considerato. Proprio ultimamente ci ha ripensato ed è passato per l’Italia per alcune date, a presentare il suo recente album: No Better Than This. Disco registrato esclusivamente in mono, catturato con un unico microfono e un registratore Ampex degli anni Cinquanta in tre luoghi evocativi della cultura popolare statunitense.
- Tre storiche location per la registrazione. Ce ne vuole parlare?
«Molto semplice, è la nostra storia. Ai Sun Studios abbiamo sistemato tutto come ai tempi in cui registravano Johnny Cash ed Elvis Presley, quando si facevano croci con il nastro isolante per indicare il punto preciso in cui dovevano posizionarsi i musicisti con i loro strumenti.
Sono andato nella Baptist Church di Savannah perché patria della prima congregazione afroamericana in Nord America, da dove partiva uno degli itinerari segreti usati dagli schiavi in fuga durante la guerra civile. È la chiesa dove ho ricevuto il battesimo insieme a mia moglie Elaine. Infine siamo andati a incidere al Gunter Hotel di San Antonio, in Texas, dove Robert Johnson registrò nel 1936 parte del suo noto e immortale repertorio, in particolar modo la prima parte della sua carriera».
- Ha recentemente concesso un’altra chance all’Italia perché ha così a cuore il recente No Better Than This che ha voglia di portarlo in tutto il mondo?
«Ho sessant’anni e sono nonno, la mia vita, da quando scappai di casa appena maggiorenne, è molto cambiata. Passo molto tempo a dipingere e sono sempre più convinto che la musica deve lasciarti del tempo libero, altrimenti la qualità dell’impegno ne risente. Mi sento molto più tranquillo e deciso a realizzare ciò in cui credo. Per esempio non farò mai più il jukebox umano e starò a sentire il pubblico che invoca le mie vecchie canzoni».
- È tra i promotori del Farm Aid, concerto di sostegno ai contadini americani, in vita dal 1985. Quest’anno che spettacolo sarà?
«Ad agosto per l’edizione numero 26 siamo stati a Kansas City e con me si sono esibiti gli altri protagonisti e promotori dell’iniziativa: Willie Nelson, Neil Young e Dave Matthews. I contadini di quell’area hanno ancora bisogno di sostegno e noi ci saremo.
C’è una grande novità, un musical con Stephen King».
- Ce ne parla?
«Ghost Brothers of Darkland County sarà in scena ad aprile 2012 all’Alliance Theatre di Atlanta. T Bone Burnett, che è il produttore musicale dello show, ha registrato brani miei, di Elvis Costello, Kris Kristofferson, Taj Mahal, Neko Case, Roseanne Cash e Sheryl Crow. Dopo la prima decideremo se portarlo in giro, ora è ancora presto».
Federico Scoppio