23/04/2012
Una scena corale dello "Stiffelio".
Siamo nel 1850. Solo un compositore anticonvenzionale come Verdi poteva concepire l’idea di portare sulla scena la vicenda del pastore protestante Stiffelio che, scoperto l’adulterio della moglie Lina, traditrice in un momento di debolezza, prima la costringe al divorzio, poi, sulla scorta dell’insegnamento evangelico, la perdona pubblicamente. L’opera, situata fra Luisa Miller e Rigoletto, non è fra le più riuscite di Verdi, ma possiede, musicalmente e drammaturgicamente, soprattutto nel secondo e terzo atto, elementi tali da garantirne la validità complessiva e un sicuro interesse, in particolare sotto il profilo della vocalità.
La conferma di tutto cià è venuta dal Regio di Parma, dove Stiffelio è riapparso 44 anni dopo la prima esecuzione, guidata nel 1968 dal compianto Peter Maag. Il protagonista è un tenore dalle tinte accese, al quale Verdi, stranamente, non concede una sola vera aria (a differenza di Lina, che vanta la bellissima «Ah, dagli scanni eterei»), ma in compenso impone una vocalità costantemente tesa a sfondo declamatorio che talora guarda addirittura al personaggio di Otello.
Yu Guanqun in scena.
Nel 1850 la parte fu affidata nientemeno che al sommo Fraschini, il
tenore preferito da Verdi; a Parma è stata sostenuta da un bentornato Roberto
Aronica, sempre in possesso della sua bella voce, che egli dispiega
con disinvolta efficacia fidando sul pieno controllo dello strumento,
sorretto dalla gagliardia del temperamento.
Accanto ad Aronica, nel procinto di recuperare il posto che gli spetta
fra i migliori tenori italiani, figuravano Yu Guanqun, che a sua volta
può aspirare a un posto di qualche rilievo nella schiera dei soprani
lirici di agilità, e Roberto Frontali attestato sulle posizioni
improntate a un’alquanto monotona correttezza. Sobrio l’allestimento di
Guy Montavon, mentre il giovane Andrea Battistoni, sempre pronto ad
accendere le polveri, deve dosare meglio le sue innegabili capacità
direttoriali.
Giorgio Gualerzi