Cincotti, da New York al Festival

Peter Cincotti, il cantautore e pianista americano di origini italiane, che sarà a Sanremo in duetto con Simona Molinari, racconta la sua musica e il suo ultimo album "Metropolis".

09/02/2013
Peter Cincotti al pianoforte (foto di Jesper Justesen; foto di copertina di Le Poisson Rouge 2012).
Peter Cincotti al pianoforte (foto di Jesper Justesen; foto di copertina di Le Poisson Rouge 2012).

A 9 anni già componeva musica. Prima dei 15 calcava i palcoscenici. A vent’anni si è affermato sulla scena internazionale nelle vesti di crooner, rivisitando grandi clasici jazz e swing. Poi, nel corso degli anni, ha cominciato a spaziare tra altri generi, rock e pop, conquistando una personalità musicale sempre più matura e definita. Newyorchese con origini italiane, Peter Cincotti è ormai un nome molto amato in Italia. Per la prima volta partecipa al Festival di Sanremo, in coppia con Simona Molinari, con la quale si esibirà in due brani elettro-swing, Dr. Jeckill Mr. Hyde e La felicità. Un fortunato connubio artistico nato nel 2011 con l’album della cantante aquilana Tua, che contiene alcuni duetti con il musicista americano. Nel 2012 Cincotti è uscito con un nuovo album, Metropolis (Egea music), il quarto della sua carriera. E dopo l’esperienza sanremese partirà per un tour internazionale, con tre tappe italiane: a Napoli il 13 aprile (Teatro Trianon), a Roma il 14 (Auditorium Parco della musica-Sala Petrassi) e a Padova il 15 (Gran Teatro Geox).
Ecco un video che mostra il cantautore in fase di registrazione del suo ultimo lavoro discografico:





Parliamo del tuo album Metropolis: niente jazz, niente swing... Molto rock e pop. Tu l'hai definito un'evoluzione...
«Ma già il mio disco precedente, East of angel town, del 2007, non era jazz. Sono sempre curioso di vedere come le persone reagiscono alla mia musica. Molti hanno definito jazz brano come Goodbye Philadelphia. Ma per me non lo è. Pop, jazz.... ho smesso di soffermarmi sulle classificazioni. Per me è musica e basta. E' vero che questo lavoro discografico stilisticamente è molto diverso da ciò che ho fatto in passato. Ma tutti i miei album sono prodotti di un percorso evolutivo, ciascuno è un ponte verso il disco successivo».

Peter, i 12 brani del tuo ultimo cd hanno un filo conduttore: la vita metropolitana. Il traffico, il rumore, i grattacieli, le luci della notte.... Tutte cose che da newyorchese conosci bene.
«Sì, ma nell'album non miro a parlare in particolare di New York, bensì della vita urbana come condizione generale. Metropolis potrebbe essere dovunque. Devo dire che questo album mi emoziona molto, non solo perché è l’ultimo, ma perché ha una unitarietà: il pianoforte è un tassello del puzzle creato dai brani, non la parte predominante». 

C’è un posto oltre a New York dove vorresti vivere?
«Ho sempre abitato nella Grande Mela. Mi piacerebbe avere due o tre posti importanti, ma non potrei lasciare New York. Però adoro l’Italia».

Hai ancora dei legami familiari nel nostro Paese?
«Penso di no. Una volta sono andato a suonare a Benevento, e mi si è presentata una marea di persone dal cognome Cincotti. Ma io non conoscevo nessuno e non ho idea se ci fosse qualche parentela con loro».

Hai imparato un po' di italiano?
«Continuo a dire che lo farò, ne ho davvero bisogno, ma al momento riesco a dire solo poche parole».

La copertina di "Metropolis", l'ultimo album di Peter Cincotti, uscito nel 2012.
La copertina di "Metropolis", l'ultimo album di Peter Cincotti, uscito nel 2012.

Quando componi, c’è un posto particolare dove trovi l’ispirazione?
«Sì, un piccolo cantuccio accanto alla mia camera, dove c’è soltanto uno scaffale di libri e una sedia. Scrivo lì, mi sposto nella stanza del pianoforte a provare la musica, poi ritorno in quell’angolo, scrivo ancora e così via. A volte esco e mi vengono le ispirazioni mentre passeggio nel Central Park. Una volta ho pensato le parole di un brano mentre aspettavo un aereo, ma non ricordo nemmeno dove stavo viaggiando...».

Hai un rapporto molto stretto con la tua famiglia. Tua madre ha anche scritto i testi di alcuni tuoi brani originali del tuo primo album...
«Sì, è vero. Il fatto è che a quel tempo – a 19 anni – io componevo tanta musica ma non ero ancora interessato a scrivere i testi dei brani, semplicemente non mi importava. È una cosa che è maturata con il tempo, ho iniziato a scrivere i testi per il mio secondo album On the moon. Mia sorella Pia, poi, è autrice del testo di un musical, How deep is the Ocean, del quale io ho composto la parte musicale. È stato presentato a luglio del 2012 al New York musical theatre festival». 

Hai fatto molta gavetta, da ragazzo, nei night club di New York. Oggi molti giovani artisti provengono dai talent show televisivi. Cosa ne pensi?
«Ognuno ha il suo percorso personale, differente dagli altri. Il talento parla da solo, e se esso si esprime in un pub o in un talent show è lo stesso. La cosa importante è ciò che accade dopo: come riesci a gestire e portare avanti la carriera e il successo». 

Com’è collaborare con Simona Molinari?
«Un’esperienza fantastica, molto divertente, adoro lavorare con lei. E Simona è anche l’unica artista italiana con la quale voglio collaborare. Solo Simona, nessun altro!».

Giulia Cerqueti
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