08/03/2012
Le vendite non stanno premiando particolarmente “Nanì e altri racconti”..., il terzo album di Pierdavide Carone (come del resto quasi tutti i dischi dell’ultimo Sanremo) ed è un peccato. Perché la stoffa questo 23enne romano di nascita ma pugliese d’adozione ce l’ha e merita di essere valorizzato. È l’unico cantante uscito da un talent show (nel suo caso “Amici” nel 2009), con la parziale eccezione di Marco Mengoni, ad essere anche autore delle sue canzoni. E sa scrivere molto bene, come dimostra il fatto che due mostri sacri della musica italiana hanno voluto collaborare con lui: prima Franco Battiato lo ha scelto per aprire i suoi concerti, poi il compianto Lucio Dalla ha voluto non solo produrre il suo nuovo disco, ma anche comporre, cantare e dirigere l’orchestra per il brano che Carone ha portato all’ultimo Sanremo, “Nanì”, classificandosi quinto.
Il problema è che anche questo album conferma l’esistenza di due Carone, in contrasto fra loro. Il primo, quello che occupa la prima parte del disco, è un originale cantautore, tanto nella parte musicale (si passa dalla ballata dolente di “Nanì” al trascinante “Twist del Sud”, al reggae di “Amoreeterno), quanto nella stesura dei testi in bilico tra intimismo e graffiante ironia (come nella già citata “Il twist del Sud” in cui, da ragazzo meridionale si diverte a giocare con gli stereotipi dei suoi conterranei, dal mammismo alla poca voglia di lavorare, o in “Amoreeterno”, dissacrante e al tempo stesso tenero dialogo fra una coppia di pensionati). Fin qui tutto bene. Peccato che nella seconda parte del Cd, con la parziale eccezione della conclusiva “Tu e io”, Carone ricaschi nella banalità e nella melansaggine della maggior parte della produzione pop che si ascolta oggi: quella, tanto per intenderci, di Per tutte le volte che, il brano con cui Valerio Scanu vinse Sanremo nel 2010 (ebbene sì, è Carone l’autore del famigerato verso “in tutti i luoghi, in tutti i laghi”). Il giovane cantautore ora deve scegliere se vuole essere quello della prima parte del Cd e proporsi davvero come un degno allievo dei maestri Battiato e Dalla che hanno creduto in lui, oppure continuare a rincorrere il pubblico dei talent show che l’ha lanciato. Ha solo 23 anni e quindi il tempo per maturare ce l’ha: bisognerà vedere se la casa discografica avrà voglia di rischiare su di lui.
Eugenio Arcidiacono