Ricordo della Stupenda

Così i fan chiamavano Joan Sutherland, la cantante lirica australiana appena scomparsa, che per un trentennio dominò con la sua strepitosa voce le scene europee e americane.

13/10/2010
Joan Sutherland con Luciano Pavarotti al Metropolitan nel 1987.
Joan Sutherland con Luciano Pavarotti al Metropolitan nel 1987.

«Avrei preferito una voce di contralto, ma pazienza, sarete felici lo stesso». Questo l’acido commento di una zia dello sposo all’annuncio delle nozze fra il giovane nipote Richard Bonynge, aspirante direttore d’orchestra, e l’altrettantov gioane australiana Joan Sutherland, cantante lirica dalla promettente carriera di soprano. Nasceva così nel 1954 una coppia destinata a lasciare una traccia incancellabile nella storia dell’opera.

Già da qualche anno scritturata al Covent Garden, nel 1952 Joan vi aveva preso parte, come Clotilde, a una storica Norma. Grande protagonista era Maria Callas che consigliò alla giovane collega di dedicarsi non già a Wagner, come le suggerivano i critici inglesi, bensì al repertorio belcantistico che le sarebbe stato congeniale. Consiglio saggiamente accolto, come dimostreranno i successivi trent’anni di attività, che vedranno Joan spaziare trionfalmente sulle scene europee e americane.

Per rendersene conto è sufficiente guardare le tappe italiane di questa irresistibile cavalcata, dall’Alcina di Händel a Venezia (1960) alla belliniana Beatrice di Tenda che nel 1962 segna l’esordio della Sutherland alla Scala. Qui metterà insieme 38 recite in quattro stagioni, durante le quali prenderà parte a due eventi memorabili: per la sua carriera, per la Scala e per la storia del belcanto. Gli Ugonotti di Meyerbeer e Semiramide di Rossini costituiscono infatti due vertici assoluti di una vocalità strepitosa, caratterizzata da una bellezza timbrica e una perfezione virtuosistica senza confronti nel secolo trascorso.

“La Stupenda” dunque, come i fans di mezzo mondo l’hanno proclamata e consegnata per sempre alla storia, strumento di emozioni uniche e irripetibili, di cui fortunatamente Cd e video tramanderanno il ricordo, come di un’autentica icona del divismo più genuino, primadonna suprema nel canto, ma anche capace di autoironia, merce così rara nell’ambiente lirico.

Giorgio Gualerzi
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