25/11/2011
Cinque anni di auto isolamento alla periferia di Londra in una tipica casetta old fashion acquistata con regolare mutuo ed ecco il redivivo Tiziano Ferro tornato in Italia, nella sua Latina, dove è nato 31 anni fa. Aveva nostalgia delle sue origini e gli mancava la famiglia, il padre Sergio, geometra, la madre Giuliana, casalinga, e il fratello minore, Flavio, al quale ha promesso (invano) di suonare la chitarra al suo fianco. La rimpatriata s’è aperta con un concerto-anteprima per i fan club più fedeli che, regolarmente, è stato un bagno di folla.
Facile giocare in casa…
«Non credere sia così facile, tutti i “miei” ragazzi sono molto esigenti. Se non gli piacciono le nuove canzoni lo sento dal calore degli applausi, che lentamente si spengono. Stavolta non è successo, ma in passato, quando per fortuna ho solo proposto canzoni non ancora incise, ho capito che non gradivano e così non le ho inserite nell’album».
L’amore è una cosa semplice, quinto album di uno dei quattro cantanti che vendono più dischi nel mondo (gli altri sono Bocelli, la Pausini ed Eros Ramazzotti), è uscito contemporaneamente in 42 Paesi e sarà accompagnato da un tour che li toccherà tutti. Dice Tiziano: «Girare il mondo è sempre stimolante, la gente i colori, le abitudini, il cibo…». Ecco il video del primo singolo tratto dal nuovo album di TIZIANO FERRO "L'amore è una cosa semplice"
A proposito, in che rapporti sei rimasto con il cibo, mangi ancora
tanti dolci come ai tempi dei famosi 111 chili che poi hai fatto
diventare il titolo di quell’ album autobiografico del 2003?
«Dopo aver affrontato quella dieta, che col tempo non ricordo più come
una tortura, mi sono ritrovato mingherlino: pesavo 73 chili, così
quando mi sono
stabilizzato ho deciso che quando ho fame mangio quel che mi va. Mi
tengo in forma con un po’ di palestra, ma senza le fisime del torace-
tartaruga. Adesso peso 81 chili, ma ci sta, visto che sono alto un
metro e ottanta. Mangio sano perché dopo aver fatto il Robinson Crusoe
in Inghilterra dove non sapevo nemmeno usare un microonde, ho imparato a
cucinare e ti assicuro che sono piuttosto bravo…Stasera per esempo, mi
faccio i ravioli con la panna!».
Ora il suo tempo libero sta per finire, così ha scelto come sede
operativa Milano, dove abita dalle parti dei Navigli e della movida.
«Siccome sono rimasto zitto per tre anni, m’era venuta la paranoia della
voce e così sono andato da una logopedista. Esperienza fantastica: una
signora gentile quanto risoluta mi ha rimesso in sesto facendomi
sdraiare a terra. La terapia è risultata così efficace che io, insonne
da sempre, ora la notte dormo profondamente. Proprio ieri sera ho visto
il film Il discorso del Re, che affronta appunto il problemi della voce e ti assicuro che in lingua originale è davvero un capolavoro».
Il tuo disco, le tue canzoni sembrano rivolte a un amico, quasi una
confessione, la voglia di aprirsi con estrema sincerità. Forse tratta
della tua opera migliore, certo è la più matura…
«Cantare un sentimento come l’amore è un rischio: puoi facilmente cadere
nel banale. Ma se ti rendi conto che ogni volta che c’è ed è vero,
aiuta a migliorare la qualità della vita delle persone, allora capisci
che non è mai banale».
Adesso che sei tornato italiano a tempo pieno, seguirai un po’ il nostro calcio?
Fa una smorfia anche troppo eloquente: «Non sopporto il calcio. C’è
troppa violenza, l’avversario diventa un nemico. Io apprezzo il rugby,
che sembra uno sport violento, dove in campo non si risparmiano i colpi
duri. Ma c’è il massimo rispetto per l’avversario. Se perdi vuol dire
che chi ti ha battuto è più bravo di te. Sugli spalti puoi andare dove
vuoi, e se sei tifoso dell’altra squadra nessuno ti dice niente. E poi
c’è un rito che si chiama "terzo tempo": dopo la partita, vincitori e
vinti tutti a bere una birra. Poi…nemici come prima».
Questo è il Tiziano Ferro di oggi, cantore dell’amore semplice e infinito. Di nuovo latino ma decisamente ancora parecchio british.
Gigi Vesigna