18/02/2011
Nelle note di copertina, Roberto Vecchioni ringrazia Gianni Morandi: «Se non mi avesse convinto a partecipare a Sanremo, questo disco non sarebbe mai nato». Un disco, dunque, che il professore ha dovuto per forza di cose realizzare in pochi mesi. Non avendo a disposizioni sufficienti canzoni nuove ha optato per una formula ibrida: inediti più cover. Le cartucce nuove vengono sparate all'inizio: si parte con il brano che ha trionfato a Sanremo, “Chiamami ancora amore” e che dà anche il titolo al Cd, una ballata in puro stile vecchioniano dedicata all'«operaio che ha perso il suo lavoro», a chi «a vent'anni se ne sta a morire in un deserto come in un porcile» e a «tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero, così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendoci il pensiero». Si prosegue con gli altri due inediti, “Mi porterò” e “La casa delle farfalle”, più che dignitosi. Il resto è affidato a una serie di cover in cui il professore si è divertito a ripescare nel suo repertorio canzoni più o meno conosciute, da solo o in duetto come in “Dentro agli occhi” con Ornella Vanoni. In più, una serie di omaggi a classici come “'O surdato 'nnammurato”, “Hotel Supramonte” di De André e “Lontano lontano” di Tenco (il momento meno riuscito del disco: l'enfasi degli arrangiamenti soffoca la drammaticità del testo). In definitiva, un disco che può piacere a tutti: agli estimatori di lungo corso di Vecchioni, che ritrovano il loro beniamino in buona forma vocale, e a chi lo ha apprezzato sul palcoscenico dell'Ariston.
Eugenio Arcidiacono