13/04/2013
Il tenore Marco Voleri.
La vita riserva continue sorprese. A volte piacevoli, altre ti colpiscono come un fulmine a ciel sereno, mettendo alla prova anche le persone più credenti. Per il tenore Marco Voleri tutto è cambiato la mattina del 19 luglio 2006, dopo una serata passata all’Anfiteatro di Fiesole. C’era Gianni Schicchi, un’opera di Puccini, il suo compositore preferito. Quel giorno sono apparsi i primi sintomi di una malattia della quale sapeva pochissimo: la sclerosi multipla. Da allora Marco ha sempre paura di cadere, e non è una metafora, ma nello stesso tempo, non riesce a fare a meno di lottare contro l’incertezza del domani e di volere che lirica e sclerosi multipla non siano nemiche.
Ci sono stati mesi di sconforto e di rabbia, di sotterfugi per nascondere i sintomi agli impresari e ai colleghi. Poi la decisione di non lasciarsi andare e di provare, nonostante tutto, a essere felice. Perché Marco quando scopre di essere malato ha solo 30 anni e una carriera appena iniziata. Così, per dosare le forze, rifiuta ruoli da protagonista e accetta quelli da comprimario. Le capacità ci sono e il successo arriva ugualmente. Gli sforzi affrontati, però, sono stati titanici. “Per uno che macina centinaia di migliaia di chilometri l’anno, portarsi dietro le fiale di interferone che devono essere conservate in frigorifero è molto complicato”, dice il tenore.
Ma proprio quando tutto sembrava sotto controllo Voleri ha sentito il bisogno di annunciare al mondo, attraverso un libro, Sintomi di felicità (Rizzoli), la sua malattia.
Perché questa decisione dopo tutti questi anni? E perché attraverso le pagine di un libro con tutta questa dovizia di particolari.
«Per sei anni ho nascosto a tutto il mondo la mia malattia per evitare tanti e inevitabili pregiudizi che persistono nella nostra società e, ancora di più, nel mondo dell’arte. Temevo che non avrei più cantato e che non mi avrebbero più fatto lavorare. Poi, anch’io avevo la necessità di metabolizzare la malattia e accettarla prima di espormi al pubblico. Illuminante è stato un incontro che ho fatto il giovedì santo dello scorso anno.
Con chi?
«Nel libro scrivo: "Poi un giovedì santo, quasi per caso, non cercavo Te, Dio. Ma tu mi hai mandato un amico, che neppure conoscevo. Mi ha ascoltato una mattina intera, di giovedì santo. Come non avesse altro pane di cui cibarsi. Solo un tempo da regalare. A me"».
Si riferisce al poeta Arnoldo Mosca Mondadori?
«Sì, tra le altre cose, è anche presidente del Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano. Ero andato da lui per fare un’audizione per una serie di concerti. Non l’avevo mai visto prima. Dopo aver cantato, mi si è avvicinato e le sue parole mi hanno lasciato di sasso. “Nella tua voce c’è qualcosa di particolare che devi raccontare”, mi disse. Ha avuto la sensibilità di percepire attraverso la voce che c’era qualcosa che non andava. E così, anche grazie alla sua straordinaria spiritualità, si è creata da subito una empatia poetica ed è arrivato il libro».
E’ la sua prima opera letteraria?
«Primissima. Non faccio lo scrittore e non ho mai pensato di farlo. Tante persone, però, continuano a chiedermi quando scriverò il secondo».
Che tipo di malattia è la sclerosi multipla?
«E’ una malattia del sistema nervoso centrale, degenerativa e
permanente. Ad oggi non ha cura. Non si può guarire. Quando me l’hanno
diagnosticata ho avuto una reazione di grande rabbia, ma ho continuato a
cantare, anzi ho spinto l’acceleratore al massimo perché temevo di non
poter fare più nulla e di dover rinunciare ai miei sogni. Vengo dalla
gavetta. Prima di poter fare il lavoro che mi piaceva vendevo lampadine».
Non teme di poter essere danneggiato nel lavoro ora che lo sanno tutti?
«Bella domanda. Mi sono preso un periodo sabbatico per promuovere il
libro e cercare di far capire a tutti quelli che ne soffrono quanto sia
necessario trovare dei Sintomi di felicità anche in una patologia come
questa, permanente e imprevedibile nelle sue manifestazioni.
L’immediato futuro , quindi, è un futuro di impegno per dimostrare che
si può, anche da malati, continuare a condurre una vita quasi normale.
In autunno, poi, farò una tournée in Cina».
E’ vero che ha dedicato il libro a nonno Manrico?
«Sì, perché mio nonno è stato una figura cardine, per me. Era una
persona semplice ma molto pratica. Pur facendo un lavoro semplicissimo,
operaio in una cementeria, mi ha insegnato cosa significano forza di
volontà e sacrificio. Valori che mi porto dentro e che sono fondamentali
proprio in questo periodo della mia esistenza».
E’ stato più difficile dirlo ai suoi genitori, agli amici o sul lavoro?
«Alla fine non l’ho detto alle persone con cui lavoro. L’ho fatto sapere
a tutti attraverso i media. Prima, naturalmente, ne ho parlato con la
famiglia e con gli amici più intimi».
Chi le è stato più vicino?
«Ho la grande fortuna di avere degli amici veri, soprattutto quelli
conosciuti all’oratorio. Non mi hanno mai trattato da malato, né fatto
sentire mai malato ed emarginato».
Il suo lavoro le ha permesso di conoscere tanti artisti, ne avrà viste
tante. C’è solidarietà tra di voi?
«Il mondo artistico è un mondo darwiniano. Ovvero, applica naturalmente
la selezione della specie. È anche giusto, sotto certi punti di vista.
Non si può vivere solo di illusioni. Io, per esempio, so che non potrò
mai più averi ruoli da protagonista e allora mi concentro sulle parti
che mi vedono comprimario. Le basi di vita che mi hanno dato da bambino
i Salesiani, oltre a mio nonno, mi servono anche nel lavoro. Ho avuto
un’educazione spirituale ma anche pratica».
Il libro in cui il tenore ha raccontato la sua storia.
Nel libro si parla anche dei costi della sclerosi multipla. Se fossimo
in un Paese senza assistenza sanitaria sarebbe un problema curarsi?
«In Italia, grazie all’assistenza sanitaria, curare la sclerosi
multipla non costa tanto. In caso contrario, sarebbe quasi impossibile
sostenere i costi dei farmaci».
I malati di sclerosi multipla devono affrontare molti problemi che non
sono solo quelli legati alla malattia ma anche quelli burocratici?
«Faccio un esempio. In seguito alla mia malattia mi è stato
riconosciuto il 50% di invalidità. Per il comune di Milano, con il pass,
posso circolare e parcheggiare ovunque. A Livorno, sempre con il pass,
ho preso una multa da 86 euro. Comune che vai, usanza che trovi. Una
delle tante contraddizioni della nostra Italia».
Nicoletta Mantovani, l’ex moglie di Luciano Pavarotti, ha detto di
essere guarita dalla sclerosi multipla. Lei hai detto che, invece, non è
possibile guarire…
«Io mi riferisco ai dati scientifici. L’ultimo studio CoSMo, che
rappresenta il punto di riferimento della biologia mondiale, afferma che
non esiste una cura risolutiva per la sclerosi multipla. Vorrei potermi
svegliare domani mattina e leggere sui giornali che, finalmente, è
stata trovata la cura giusta. Ma ad oggi non c’è. Si può solo
controllare».
Ritiene che sia stato un atto di grande generosità quello di
allontanare la ragazza che amava quando ha saputo di essere malato? Non
si è mai pentito?
«Credo sia stato un atto di amore puro. Il vero amore si dimostra anche
in questi casi. In quel momento, non volevo trascinare nel nero abisso
in cui mi sono trovato la persona che amavo. Ci si può anche pentire ma
il tempo e la vita cambiano le cose. Oggi con Francesca ho un ottimo
rapporto di amicizia e siamo rimasti molto legati».
Qual è il sogno nel cassetto di Marco Voleri oggi?
«Tutto sommato si sta realizzando. E’ quello di poter fare qualcosa che
dia senso alla mia vita. Essermi messo a nudo nel libro ed essere
d’aiuto a qualcuno è già una cosa fantastica. Se, invece, potessi
esprimere un desiderio chiederei più stabilità. Mi sono scelto una
professione molto precaria che ora si unisce a una malattia altrettanto
instabile. Mi piacerebbe un giorno insegnare in un conservatorio. Ma
adesso c’è il mio libro e tante persone che hanno bisogno di essere
aiutate a non arrendersi mai».
Te lo dico, Dio
Sottovoce
E’ stata quella la svolta.
Forse, se ho la SM
È per raccontare
Come si continua
Dopo,
quando tutto
sembra insensato.
Come si continua
A cercare un cato.
Io, che ero un tenore
Con l’orgoglio
Di chi non vuole dire a nessuno
Che è malato.
Con la paura
Di essere scoperto
E messo da parte.
Ora,
cercando la voce
giusta
oltre il silenzio,
oltre il baratro,
canto
prima forte
e poi piano
e di nuovo forte
con la sclerosi multipla.
Siano
i miei canti
ormai nudi
come briciole
di pane
da dividere
tra amici
vecchi e nuovi,
sconosciuti e ritrovati.
Sia così
Da Sintomi di felicità (Sperling & Kupfer)
Monica Sala