04/11/2010
Il libro "1994", edito da Chiarelettere.
Di sicuro si sa solo che sono morti. Mauro Rostagno nel 1988 ucciso dalla mafia presso Trapani; 140 persone nel 1991 a bordo del traghetto Moby Prince scontratosi con la petroliera Agip Abruzzo nella rada di Livorno; Giovanni Falcone, Paolo Borsellino (la fotografia di apertura del servizio in homepage si riferisce proprio alla strage di via D'Amelio, a Palermo) e tutte le altre vittime degli attentati mafiosi del 1992-93; l’agente segreto italiano Vincenzo Li Causi nel novembre 1993 e il 20 marzo 1994 i giornalisti del Tg3 Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, tutti nella Somalia dilaniata dalla guerra civile.
Di sicuro si sa solo che nel 1994 le elezioni politiche del 27-28 marzo sono vinte dalla coalizione Forza Italia-Lega Nord-Alleanza Nazionale-CCD e che Silvio Berlusconi viene di conseguenza nominato primo ministro.
Che ci sia un filo rosso che unisce queste e altre vicende, nazionali e internazionali, ne sono convinti i giornalisti Luigi Grimaldi e Luciano Scalettari, autori del libro 1994 (Chiarelettere, pagine 456, euro 16,60).
Come mai avete scelta di titolare il libro 1994 pur parlando di vicende che si svolgono prima di quell’anno?
Scalettari: «Perché il 1994 è un anno che dura sei anni. Il nostro libro copre un arco che inizia nel 1988, con l’omicidio di Mauro Rostagno a Trapani e si conclude una settimana prima delle elezioni politiche del 1994, quando sono assassinati Ilaria Alpi e Miran Hrovatin».
Grimaldi: «Il 1994 un anno di cerniera e non di frattura, come si sente spesso dire, tra la Prima e la cosiddetta Seconda Repubblica. Non c’è rottura, ma continuità dell’ordine che era stato instituito nel nostro Paese durante la Guerra Fredda e che gli è sopravvissuto. È stato l’anno del Gattopardo: tutto doveva cambiare perché nulla cambiasse».
Alpi e Hrovatin sono stati giustiziati perché avevano scoperto un traffico di rifiuti ambientali dall’Italia alla Somalia: scorie nucleari e altri materiali pericolosi interrati sotto autostrade e altri siti. Quello del seppellimento può suonare anche come metafora dell’occultamento della verità?
Scalettari: «Da quando è scoppiata la guerra civile la Somalia come nazione non esiste più quindi non vi si possono condurre indagini giudiziarie. Se un giorno dovesse tornare la normalità forse salterebbero fuori che farebbero tremare molte figure del potere italiano».
Grimaldi: «Esiste di sicuro una cantina, non solo in Somalia ma anche in Italia, reale in cui sono conservate prove e documenti».
Cosa rispondete a chi dice che il vostro è un lavoro tanto esemplare quanto inutile, perché il potere non vuole farci conoscere la verità?
Scalettari: «Il rischio che il nostro sia un lavoro vano c’è, ma la nostra è una battaglia di verità e va combattuta. Se tanti italiani comprano libri o guardano programmi tv dedicati alle inchieste vuol dire che c’è bisogno di verità».
Grimaldi: «La conoscenza è libertà e questo oggi non è mai stato più vero».
Carlo Faricciotti