15/03/2012
Antonio Scurati, scrittore e saggista.
È interessante notare come si possa
giungere a riflessioni simili partendo
da orizzonti diversi. Un’esperienza
che trova sorprendenti conferme
quando è in gioco il tema della spiritualità: a
condizione, però, che l’interlocutore prenda
sul serio il suo lavoro, lo viva come una vocazione.
Antonio Scurati risponde in pieno a
questo profilo: nei suoi romanzi – da Il sopravvissuto,
Premio Campiello, al recente La seconda
mezzanotte – come nei suoi saggi – da Guerra.
Narrazioni e culture nella tradizione occidentale
a Gli anni che non stiamo vivendo – è
ravvisabile uno sguardo critico e profondo
sull’uomo, sulla società, sugli idoli e le tendenze
del presente. Intellettuale laico, non credente,
raccoglie la sfida di parlare di spiritualità in
relazione alla Biblioteca universale cristiana
(Buc) di Famiglia Cristiana.
Il concetto, dice,
«evoca un posto vuoto a tavola, indica il luogo
di un’assenza, di cui però si avverte la presenza,
il bisogno e il desiderio». parola spiritualità «fosse quasi impronunciabile,
perché intesa come negazione del metodo
filosofico stesso. Al mondo letterario, poi,
risulta estranea: anzi, il suo ambito è occupato
da una sorta di paraletteratura spiritualista,
a opera di autori come Paulo Coelho. Eppure,
quel vuoto rimane e, dall’esterno, si ha
la sensazione che anche le istituzioni religiose
abbiano in alcuni casi abdicato alla spiritualità
come centro della propria missione».
Angelo Comastri è arciprete di San Pietro e vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano.
Eppure, in essa ci si imbatte di continuo, anche
come autori: «Quello spazio vuoto diventa
il centro gravitazionale della mia scrittura,
non perché affronti di petto la questione,
ma perché qualunque storia si stia raccontando
rivela un centro che la attira.
Qualsiasi sia la materia su cui si sta lavorando,
nella misura in cui si avvicina a tale centro
vuoto, ritrova le forme e i riti della tradizione
cristiana: quando si cercano le parole per dire
il sacro, anche partendo da lontano, recuperiamo
le parole del cristianesimo. Non è possibile
un accesso al sacro al di fuori dei simboli
delle religioni storiche».
Torna alla mente,
nell’ultimo romanzo di Scurati, La seconda
mezzanotte, una potente scena in cui un uomo
in fuga da una Venezia trasformata in arena
del vizio si imbatte in un gruppo di “resistenti”,
che stanno celebrando un battesimo. Alla
luce di queste considerazioni, lo scrittore ritiene
che le chiese «dovrebbero essere o tornare
a essere non solo scrigni d’arte, ma luoghi in
cui lo Spirito si è fatto storia».
E l’uomo di oggi? Come si rapporta al metafisico,
all’invisibile, al religioso? «Ha fatto opera
attiva di negazione della spiritualità. Ne è
prova l’abitudine a cercare di spiegare fatti
spirituali con categorie materiali: ma questo
non è pensiero razionale, bensì la superstizione
del nostro tempo. Anche l’ultima espressione
metafisica, cioè l’amore romantico, oggi è
degradata a sesso».
Il volume di Angelo Comastri allegato a "Famiglia Cristiana".
Tema, questo, toccato nel
suo Una storia romantica, mentre nell’ultimo
romanzo, il già citato La seconda mezzanotte,
è centrale la dimensione apocalittica. «Per me
il cristianesimo è apocalittico, vive nell’attesa
di un altro mondo. Possiede l’idea grandiosa
che protendersi verso la fine è un modo di
concentrarsi su ciò che viene prima, di scoprirne
il senso. Ridurre il cristianesimo a pratica
sociale, a scapito della meditazione sulla fine,
è un grave errore. Esso è costituzionalmente
rivolto al Regno che verrà».
E invece noi uomini del terzo millennio
sembriamo perlopiù «affetti da quella malattia
che è il “presentismo”, una delle direttrici
che ci tiene maggiormente lontani dall’esperienza
spirituale e che riduce la fine della vita
a un mero estinguersi, sotto una cappa nichilistica
di angoscia».
Paolo Perazzolo