30/11/2011
Daniele Biacchessi alla presentazione di uno dei suoi libri (altra foto in copertina: di Roberto Agostini)..
Daniele Biacchessi, narratore, saggista e vicecaporedattore di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore, è uomo d'altri tempi. Da diversi anni porta avanti la sua battaglia contro l'abuso di potere, le associazione mafiose, la massoneria, con una passione e una tenacia unica. Dalla strage di Piazza Fontana al delitto di Paolo Borsellino, dalla musica al teatro passando per la narrativa, l'obiettivo dell'intera opera di Biacchesi rimane uno: scuotere i nostri animi, troppo spesso “in letargo”. Di recente insignito del prestigioso Premio Speciale Unesco, uno dei giornalisti più grandi di sempre, così grande che dovrebbe essere letto a scuola, si confessa a tutto campo ai microfoni d'inchiostro di famigliacristiana.it.
- Tra pochi mesi uscirà il suo romanzo Orazione Civile per la Resistenza. Perché pensa che nel 2011 sia necessario parlare di Resistenza?
"Orazione civile per la Resistenza è un libro di testo per giovani e di narrativa e saggistica per adulti. Narro la vita di uomini e di donne che con le loro azioni coraggiose hanno cambiato il corso della Storia. E smonto pezzo dopo pezzo, attraverso l'oggettività della documentazione orale e scritta e la forza delle parole, le tesi del nuovo revisionismo tipo quello proposto ultimamente da Giampaolo Pansa. Le mie sono storie di vincitori, non storie di vinti. Perché la Resistenza fu una guerra di Liberazione contro la dittatura fascista e l’occupazione tedesca, non una guerra civile. Tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, il nostro Paese era occupato dalle forze armate della Germania nazista e il nostro territorio si trasforma in un distretto militare alle dirette dipendenze di Adolf Hitler, tramite la Repubblica Sociale Italiana di Benito Mussolini, un protettorato tedesco, sfruttato dai nazisti per legalizzare alcune loro annessioni e per ottenere mano d'opera a basso costo. Guerra di Liberazione organizzata sul piano logistico e militare da tutti i partiti e movimenti antifascisti italiani (comunisti, socialisti, democristiani, azionisti, demo laburisti, monarchici, anarchici), da soldati e ufficiali del disciolto esercito italiano dopo l’8 settembre 1943. Guerra di Liberazione riconosciuta e sostenuta dalle forze anglo – americane. Fino alla vittoria finale".
- Crede che il movimento degli Indignati sia una forma di resistenza?
"Ogni movimento, per quanto organizzato, passa e va. Serve per spronare i partiti, per accelerare una trasformazione. Ma i movimenti non fanno rivoluzioni, che in Italia non sono mai avvenute.
Perfino la Resistenza non è stata una rivoluzione. Nel dopoguerra, dopo l'aprile 1945, i partigiani sono stati estromessi dal potere dallo stesso sistema, dagli apparati del vecchio fascismo diventati repubblicani. Alla fine l'indignazione senza uno sbocco politico resta mera protesta, anche se sacrosanta".
- Da diversi anni è impegnato con spettacoli di teatro civile. Uno dei più interessanti è Storie dell'Altra Italia, realizzato in collaborazione con i Gang e Massimo Priviero. Com'è nata l'idea? Vuole parlarci di questa esperienza?
"Storie dall'Altra Italia è l'ultima puntata di un viaggio nella storia e nella memoria italiana.
Sono un narratore che racconta storie, spesso dimenticate, altre volte emblematiche. E sul mio cammino ho incontrato amici i come i fratelli Marino e Sandro Severini dei Gang e Massimo Priviero che attraverso le loro canzoni narrano storie. Nello spettacolo racconto tante pagine di storia contemporanea. Alpini siciliani e sardi che vanno a morire insieme a loro coetanei veneti e lombardi durante la campagna dell'Armir in Russia nel 1944. Studenti, operai, intellettuali, contadini che nel 1943 scelgono la democrazia e combattono nazisti e fascisti nella Resistenza.
Omicidi degli anni Settanta, giovani uccisi per le loro idee. Nuove resistenze in Calabria, Puglia, Campania, Basilicata e Sicilia, tra i ragazzi di Libera Terra che producono frutta, pasta e vino sui terreni confiscati ai boss mafiosi. I Gang e Priviero fanno il resto con le loro canzoni.
Diciamo che è uno spettacolo da performer, dove ognuno mette al servizio la sua arte.
A gennaio uscirà un cd live registrato in molte città italiane, soprattutto a Bologna, sala d'aspetto di seconda classe della stazione dove il 2 agosto 1980 scoppiò una bomba ad altissimo potenziale e provocò la morte di 85 persone e 200 feriti. Perché i luoghi contano anche nel teatro civile".
- Nel 2007 ha pubblicato il saggio Il paese della vergogna, un titolo abbastanza provocatorio....
"Il paese della vergogna è l'Italia che non riesce a offrire una verità giudiziaria sulle stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia a Brescia, treno Italicus, Questura di Milano, treno 904.
E' l'Italia dei depistaggi dei servizi segreti, dei testimoni e dei documenti spariti, dei processi e dei magistrati trasferiti in altra sedi, degli archivi nascosti nel 1960 nel cosiddetto armadio della vergogna e poi ritrovati nel 1994 con i nomi dei responsabili delle stragi nazifasciste come Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, Fivizzano, Benedicta, Vinca e altre migliaia.
E' il paese che sta a guardare dalla finestra, spesso indifferente, senza stimoli, che delega ad altri la ricerca della verità. Ma forse, dico forse, c'è un paese migliore".
- Che cosa si propone di trasmettere con questo libro?
"Il libro intende trasferire alle nuove generazioni la memoria di migliaia di persone che hanno pagato, anche con la vita, il prezzo delle loro idee di democrazia e di libertà. E' un'operazione di scrittura della storia così come è avvenuta, il primo libro popolare sulla Resistenza uscito in Italia dopo gli anni del nuovo revisionismo. Nulla di ciò che pubblico è scritto sui libri di testo degli studenti. Il libro è come una sceneggiatura di un film in bianco e nero che solo sul finale, mentre scorrono i titoli di coda, diventa a colori. Forti avanzate, speranze di riscatto e di liberazione da anni di dittatura e soprusi, lunghe attese, rastrellamenti dei nazifascisti, fucilazioni, torture, delazioni, faticose ritirate, umilianti ripiegamenti, ancora avanzate d’inverno sotto la pioggia e la neve, azioni di sabotaggio, e ancora gravi perdite, attacchi contro postazioni strategiche del nemico, occupazioni di paesi e valli (Alba e Langhe, Montefiorino, val d’Ossola, Valsesia sono i luoghi più importanti), insurrezioni di città (Matera, Lanciano, Napoli, Firenze, Torino, Genova, Milano), fino all'aprile del 1945, i giorni della resa dei conti finale e della libertà conquistata".
- Che cosa pensa del sistema informativo italiano?
"Tutto il male possibile. Un giornalista dovrebbe vedere, narrare, raccontare, soprattutto consumare le suole delle scarpe. Non puoi raccontare l'alluvione in Liguria stando davanti al computer di casa o copiando le notizie dalle agenzie e da internet. Devi andare nei luoghi in cui avvengono i fatti e magari provare a raccontare qualcosa di diverso. Invece i cronisti parlamentari scrivono retroscena che non interessano nessuno, i cronisti di nera intervistano testimoni improbabili, i cercatori di gossip si inventano idiozie, i conduttori televisivi si trasformano in investigatori e mostrano plastici della casa di Cogne. Così la qualità dei prodotti giornalistici diventa sempre più scadente e il fruitore sempre più ignorante e impreparato. Il punto centrale non è la libertà di stampa, che non esiste, ma l'autonomia politica e l'indipendenza culturale del giornalista rispetto al potere".
Daniele Rubatti