19/04/2012
Lo storico Franco Cardini.
Il Dio d’Israele è un Dio che agisce e si rivela
nella storia in un percorso pedagogico che,
attraverso la parola dei patriarchi, dei profeti
e dei re, conduce il suo popolo ad amarlo
come l’unico e vero Dio. Sull’argomento,
al centro del volume Un Dio fedele alla storia
di Bruno Maggioni, proposto da Famiglia Cristiana
per la Biblioteca universale cristiana
(Buc), abbiamo interrogato un grande storico
cattolico: Franco Cardini.
Professore, qual è il testo dell’Antico Testamento
che lei ama di più?
«La mia sensibilità mi spinge a preferire il
Libro di Giobbe, che presenta il dramma umano
e le sue contraddizioni dinanzi alla volontà
di Dio. Il mio senso civico mi fa prediligere
il Libro di Esther, che racconta la tragedia della
perdita della libertà e i sacrifici necessari
per recuperarla. Come storico invece sono
particolarmente interessato alla vicenda di re
Salomone: lo splendido fallimento di un uomo
grande, potente, saggio, che davanti alla
volontà di Dio vede naufragare i suoi progetti;
poi la tensione che c’è in lui tra funzione e
carisma poetico-profetico; infine la sua figura
di sovrano che governa un territorio “eccentrico”
e “marginale” come lo Stato d’Israele,
ma che deve fare i conti con la cultura egizia,
assiro-babilonese e arabo-africana, con tutte
le difficoltà che da ciò derivavano».
Cosa succede dopo Salomone?
«Il popolo eletto, detentore della Rivelazione dell’unico Dio, è sottoposto alle tentazioni
dei popoli vicini: paganesimo, politeismo, magia.
La tragedia del popolo d’Israele inizia con i
due figli ed eredi di Salomone e si concluderà
con la profanazione ellenistica, alla quale segue
la rivolta dei Maccabei, le guerre giudaiche e infine
con la diaspora».
Il teologo Bruno Maggioni, autore del volume allegato a "Famiglia Cristiana" (Fotogramma).
Passando al Nuovo Testamento, come si inserisce
in questo contesto la figura del Messia?
«Cristo indica a Israele una strada diversa, ma
né i sadducei collaborazionisti né i fanatici zeloti
lo hanno ascoltato. Gesù invita ad amare Dio
con tutte le forze e il prossimo come sé stessi,
riassumendo così il senso della Scrittura e proiettandolo
sulla storia intera dell’umanità».
La nascita di Gesù divide la storia in due, prima
e dopo Cristo. Ci aiuta a capire meglio questo
passaggio?
«Questo passaggio è riassunto nelle beatitudini,
come ha espresso così bene il cardinale Carlo
Maria Martini nel saggio Il discorso della montagna.
Meditazioni (Mondadori). Cristo è l’unico, vero
rivoluzionario, è l’asse della Storia e i secoli gli
danzano attorno. Gesù ha spiegato che l’elezione
del popolo d’Israele da parte di Dio è solo “figura”,
simbolo del progetto divino che consiste nel
recuperare l’intera umanità caduta con il peccato
originale e realizzare in essa quel progetto d’Amore
che sarà rivelato alla fine dei tempi».
Da credente, come si pone davanti alla testimonianza
della Risurrezione?
«Non ho nulla da dimostrare e nessuno può
chiedermi di dimostrare nulla: la Risurrezione è
oggetto di fede, non di ragione. Fede e ragione
non sono in contrasto, possono coesistere e confermarsi
reciprocamente; ma non sempre e non
necessariamente. Sul piano della Risurrezione
come evento reale, la fede non ha niente da suggerire
alla ragione, e questa non ha alcun argomento
da opporre a quella».
Oggi è poco sviluppata una lettura teologica
della storia, il tentativo cioè di dare un senso
agli avvenimenti che riguardano il destino dei
popoli. Lei da storico credente come leggerebbe
il nostro tempo in una prospettiva di fede?
«Il momento storico che stiamo vivendo deve
essere letto, come ogni altro tempo, nella duplice
lettura provvidenzialistica ed escatologica.
Credo che oggi i cristiani siano chiamati a porsi
il problema di come Dio, nel suo piano provvidenziale,
stia guidando gli eventi. Il nostro tempo,
come qualunque altro tempo, è un momento
della Rivelazione che ci prepara ai “quattro novissimi”:
morte, giudizio, inferno e paradiso. È
giusto che ciascuno di noi guardi ai segni dei
tempi e attenda la fine, sapendo che essa coinciderà
con il termine di un ordine naturale e storico,
non con la fine di tutto. Anzi, sarà quello l’inizio
di un cielo nuovo e di una terra nuova».
Alfredo Tradigo