Chiara e Francesco, due di noi

L'ultimo libro di Chiara Frugoni, grande studiosa del francescanesimo, sottolinea la modernità dei due santi, che si fecero carico delle ingiustizie della società del tempo.

16/11/2011
Francesco e Chiara in un affresco del convento di san Damiano ad Assisi.
Francesco e Chiara in un affresco del convento di san Damiano ad Assisi.

Almeno 30 dei suoi 72 anni, Chiara Frugoni li ha trascorsi a studiare le figure di san Francesco e santa Chiara e quello straordinario movimento religioso e sociale che fu il francescanesimo. Frutto di una tale passione, che continuamente si rinnova, sono una serie di saggi che la Frugoni, a lungo docente di Storia medievale all'Università di Pisa, Roma e Parigi, ha pubblicato nel corso degli anni. A questo ricco "corpus francescano" si aggiunge un recente saggio, Storia di Chiara e Francesco (Einaudi), pieno di documenti e forte di un approccio inedito, che dà voce direttamente ai due santi attraverso i loro scritti, spesso citati, ma raramente conosciuti e protagonisti degli studi che li riguardano.

Professoressa, come è nata in lei la passione per questi personaggi e la loro storia?
«Ho anzitutto un ricordo, di quand'ero studentessa universitaria. Un corso proprio su san Francesco mi gettò nel panico, perché constatavo che fonti e interpretazioni spesso divergevano. Lo stesso Tomasso da Celano, il biografo dei due santi, in alcuni punti si contraddiceva. Piano piano mi appassionai a una figura come quella di Francesco che da una lato era dentro il suo tempo, dall'altro rivelava un'apertura mentale e uno spessore storico fuori dal comune. Lo stesso si può dire di Chiara: lasciò la famiglia a 18 anni, avendo già chiaro il progetto da intraprendere».

Una delle maggiori novità del suo ultimo studio sta nell'approccio metodologico, nel senso che ha voluto "far parlare" gli scritti dei due personaggi...
«L'intento era non tanto di scrivere una biografia, ma di dare voce ai loro scritti. Certo, le loro vite e l'iconografia che nel tempo si è sviluppata sono interessanti, ma lasciano sullo sfondo la loro voce, che spesso viene citata, diventando però raramente protagonista. Mi sono basata molto sulla Regola non bollata, per Francesco, e sulle lettere e sulla Regola, per Chiara. In questi testi emerge nitidamente il loro progetto, ancor prima che venisse trasformato dalla regola bollata».

Leggendo il suo lavoro prende via via corpo la sensazione che si trattasse di due santi rivoluzionari...

«Lo furono, ma per la fedeltà al Vangelo, che li indusse a denunciare che la Parola di Dio era stata dimenticata. Rivoluzionaria fu l'idea di una piccola comunità di persone che si guadagnavano da vivere lavorando con le loro mani, al punto che mise in crisi la società usuraia e opulenta del tempo».

Chiara Frugoni ha insegnato Storia medievale in diverse università. Ha pubblicato numerosi saggi sulle figure di san Francesco e santa Chiara, tra cui: "Vita di un uomo: Francesco d'Assisi", "Una solitudine abitata: Chiara d'Assisi", "Guida agli affreschi della Basilica superiore di Assisi".
Chiara Frugoni ha insegnato Storia medievale in diverse università. Ha pubblicato numerosi saggi sulle figure di san Francesco e santa Chiara, tra cui: "Vita di un uomo: Francesco d'Assisi", "Una solitudine abitata: Chiara d'Assisi", "Guida agli affreschi della Basilica superiore di Assisi".


Lei insiste sulla modernità di Chiara e Francesco...

«Non dobbiamo prestargli ideologie, chiamando ad esempio in causa, rispetto alla critica della ricchezza e al sostegno ai poveri, la lotta di classe: la loro lingua è il Vangelo, alla luce del quale si fecero carico delle ingiustizie sociali. La modernità della loro visione, d'altra parte, è dimostrata da una serie di fatti. Quando Chiara parla in maniera paritetica delle monache intra ed extra moenia, cioè quelle che non uscivano mai dal convento e quelle che invece uscivano per soccorrere i malati o compiere altre opere caritative, precorre i secoli. E che dire di quando rivendica un ruolo attivo per le donne nella chiesa?».

Se oggi Assisi è la capitale mondiale del dialogo fra le religioni, lo dobbiamo anche a loro?
«Quando Federico II stava assediando Assisi, Chiara chiese aiuto, ma senza mai spendere una parola contro "i nemici" della fede. Avrebbe poi voluto partire per il Marocco, andare tra "gli infedeli". Francesco - che, non dimentichiamolo, vive in una Chiesa che chiede le crociate - stabilisce nella sua Regola che i frati vivano fra gli infedeli, senza sottometterli, e solo quando sarà nato un rispetto reciproco, allora si potrà predicare il proprio messaggio. Assorbe alcuni elementi della religione musulmana - ad esempio la chiamata alla preghiera -, nemmeno lui spende mai parole contro l'islam. Al futuro Gregorio IX che tenta di fermarlo mentre è diretto in Francia, dice: "Dio non mi ha mandato solo per i cristiani di questa regione, ma per il mondo intero"».

In che misura le vite di Chiara e Francesco si intrecciarono?
«Sgombriamo il campo dall'idea di un amore sublimato, come spesso si tende a pensare. Certo, i loro percorsi si intersecarono. Francesco fu colpito dalla personalità di Chiara a aveva concepito il progetto di una comunità aperta a uomini e donne, poi, travolto dal suo "successo" e constatate le difficoltà, lo abbandonò. Chiara capì la situazione, ma sul piano privato continuarono a incontrarsi e scriversi. È un peccato che siano rimaste poche lettere del loro epistolario».

- Quale eredità lasciano a noi uomini del XXI secolo?
«Di avere il coraggio di un profondo riesame delle proprie scelte, di ripensare la propria opzione cristiana, spogliandosi delle eccessive attenzioni ai beni materiali. L'importanza di avere la mente libera, non offuscata da troppi desideri. Una enorme libertà mentale, che dà pace interiore e allegria nel Signore. Nella sua vita Chaira subì molti rovesci, ma tutte le testimonianze convergono nel descrivere una donna libera, pacificata e contenta».

Un particolare della ventesima scena della "Vita di san Francesco" di Giotto, nella Basilica superiore di Assisi: nella nuvola, ha scoperto Chiara Frugoni, si nasconde un demone.
Un particolare della ventesima scena della "Vita di san Francesco" di Giotto, nella Basilica superiore di Assisi: nella nuvola, ha scoperto Chiara Frugoni, si nasconde un demone.


Pochi giorni fa le cronache hanno dato conto delle sue ennesima scoperta relativa al  ciclo pittorico su san Francesco ad Assisi: è riuscita a scovare un demone quasi invisibile in una nuvola di Giotto. Vuole illustrarci la scoperta?
«In realtà è una piccola scoperta nell'ambito di una scoperta più grande, di cui poco o nulla si è parlato. Mi sono accorta dell'esistenza di un paliotto - un tessuto di stoffa ricamata con pietre preziose - con le storie di san Francesco, che Papa Nicola IV nel 1289 aveva inviato ad Assisi. Nei documenti storici ne troviamo traccia fino al '600, poi andò perduto a Roma, dove era approdato per essere restaurato. Però nel '600 un frate, Catalano, che voleva dimostrare che Francesco aveva posseduto fin dall'inizio quell'abito ricco, chiese a un pittore di rapprentare alcune scene: fra queste, compare il paliotto. Ora, sia la scena della morte che quella dell'accertamento della stimmate del santo sono identiche a quelle del ciclo francescano, il che dimostra che quest'ultimo ebbe una committenza papale, romana, e che già nel 1289 ci doveva essere un abbozzo delle storie francescane, da cui dipendono sia il ciclo che il paliotto». 


Perché è così importante questa rivelazione?
«Tale rivelazione è importante perché corrobora la convinzione che gli affreschi furono fatti su committenza papale, di Nicola IV precisamente. Quanto alla scoperta che è rimbalzata agli onori delle cronache, studiando con grande attenzione l'affresco della morte, ho individuato il diavolo in una nuvola. Il che rimanda a un'altra scoperta: nella scena in cui Francesco e i suoi compagni si recano da Innocenzo III per l'approvazione della regola, il Papa porge il testo della regola del 1223, quindi parla con la voce del suo successore, di 14 anni dopo. Emerge insomma il problema della Regola. Nel 1215 la Chiesa aveva stabilito che non ci potevano essere nuove regole, se non quelle già approvate; ma la regola francescana arriva solo nel 1223. Per dirimere il problema, ad Assisi fanno dire che la regola portata da Franseco a Innocenzo III era quella che  venne approvata dal suo successore. Quanto al demone, bisogna approfondirne il significato: non credo sia uno scherzo dell'artista, perché il luogo è troppo ufficiale e in fondo visibile».

Paolo Perazzolo
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