Doninelli: date conto della vostra fede

Presentando il volume del benedettino Anselm Grün disponibile con Famiglia Cristiana per la serie Buc, lo scrittore denuncia la debole identità del cristiano.

09/03/2012
Lo scrittore Luca Doninelli.
Lo scrittore Luca Doninelli.

Molti cristiani non sanno spiegare la loro fede. Credono, ma non sanno dire quale sia la radice del loro credere. Lo scrive Anselm Grün nel libro La fede dei cristiani spiegata ai non cristiani, terzo volume della collana Buc, la Biblioteca universale cristiana, che Famiglia Cristiana dedica alla spiritualità moderna. Ne parliamo con Luca Doninelli, scrittore e giornalista, autore di numerosi romanzi, fra i quali La revoca e La nuova era, del libro-intervista Conversazioni con Testori e del più recente Cattedrali, riflessione sul paesaggio urbano e sui luoghi del mondo, sacri e non, che consideriamo, appunto, cattedrali.

– Secondo Grün, molti si dichiarano cristiani ma non sanno spiegare cosa questo significhi. Qual è il suo pensiero in merito?

«Provi a fare quello che ho fatto io qualche anno fa. All’uscita da una Messa domenicale, fermi qualcuno e gli chieda se sa che cos’è un sacramento. Pochissimi saranno in grado di fornirle una risposta appropriata. Secondo me, però, anche quando tutti sapevano rispondere a domande come questa, poniamo mezzo secolo fa, i problemi erano già cominciati. Mancava, ed è mancata sempre di più, una dimensione culturale della fede. La domanda di Dostoevskij, se un uomo colto dei nostri giorni può rispondere affermativamente alla domanda se Cristo è o non è risorto dai morti, ci tocca profondamente. In forza di cosa un intellettuale come me può rispondere: sì? Solo se la sua Risurrezione diventa un contenuto ragionevole della mia esperienza umana. Senza questo passaggio, restano da un lato la dottrina come puro schema intellettuale, dall’altro un sentimentalismo religioso necessario per dare un po’ di contenuto esperienziale alla dottrina».

Il padre benedettino tedesco Anselm Grün, autore di libri spirituali e istruttore di corsi di meditazione.
Il padre benedettino tedesco Anselm Grün, autore di libri spirituali e istruttore di corsi di meditazione.

– Come ci si può aprire al dialogo interreligioso tenendo salda la propria identità?
«Solo chi tiene ben salda la propria identità può veramente aprirsi al dialogo. L’incertezza non produce dialogo, ma solo confusione – che chiamiamo a volte intolleranza – nella quale si cela una radice di violenza».

– Molti temono l’islam e la sua diffusione. Ma dietro questa paura non c’è piuttosto la difficoltà dei cristiani di affermare la loro fede in modo convinto? «La paura dell’islam nasce dall’ignoranza, dal non voler conoscere le cose, accontentandosi dei luoghi comuni, magari bene espressi da qualche editorialista battagliero e fintocontrocorrente. Noi abbiamo paura della conoscenza: se così non fosse, saremmo curiosi di sapere che cos’è l’islam, il suo pensiero, la sua teologia. Ho diversi amici musulmani, uno è addirittura tra i miei amici più cari (ho scritto anche un libro su di lui, La polvere di Allah), e non è affatto un musulmano all’acqua di rose. È vero che la diversità come tale sulle prime produce un po’ di avversione, ma si tratta solo di compiere un piccolo sforzo: saremo ben ripagati».

Il volume di Anselm Grün allegato a "Famiglia Cristiana".
Il volume di Anselm Grün allegato a "Famiglia Cristiana".

– Chi difende apertamente il proprio credo a volte è tacciato di fondamentalismo. Come distinguere in modo chiaro la fede vissuta con coerenza dall’integralismo?
«L’integralismo è un’ideologia, non una fede. Come dice il Vangelo (Luca, 7): “Quello al quale si perdona poco, ama poco”. Un integralista di solito non pensa di dover essere perdonato per qualcosa, perciò ama poco: si sente una specie di paladino di Cristo, mentre è solo il paladino di sé stesso».

Giulia Cerqueti
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Postato da Andrea Annibale il 09/03/2012 14:55

La religione è di per sé cultura. La religione abbraccia sia la filosofia che la cultura dei semplici. Penso che ci sia un pregiudizio culturale molto diffuso: che la religione non è di per sé cultura, perciò la religione ha bisogno della cultura. Ma c’è una cultura della e nella religione tanto è vero che la Madonna non si è rivelata ad Einstein ma a tre pastorelli ignoranti a Fatima. Bisogna, secondo me, parlare di religione come cultura e non contrapporre religione e cultura. Inoltre, religione e cultura scientifica sono autonome, ma c’è un conflitto evidente. La scienza ha bisogno della teologia per il credente perché anticipa realtà che la scienza non ha ancora indagato e scoperto. Si pensi ai miracoli che sicuramente hanno una spiegazione razionale ma non ancora una spiegazione scientifica. La provocazione di Dostoevskij è intelligente. Per me, l’uomo di cultura crede nella natura divina di Gesù perché Gesù lo affermava di sé e, come ha anche sostenuto Messori nel suo Ipotesi su Gesù, o Gesù era veramente chi diceva di essere o è stato il più grande pazzo criminale della Storia. La fiducia è un atto di intelligenza e la cultura nasce dall’intelligenza. Io credo alla Parola che Gesù diceva di sé stesso, perciò credo nella Resurrezione. Con Rosmini penso che il problema cruciale sia la preparazione adeguata del clero più che dei fedeli. Che cosa sia un sacramento non lo saprei dire bene, però non penso di non essere un cristiano per questo motivo. Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

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