06/05/2010
Sebastiano Nata, 55 anni (Effigie).
Che valore ha il tempo che viviamo? Quale significato diamo ai giorni che ci sono stati assegnati? Sono le questioni sollevate dal nuovo romanzo di Sebastiano Nata, evocati in modo suggestivo sin dal titolo: Il valore dei giorni (Feltrinelli).
Per Marco, 43 anni, la risposta è netta: obiettivo unico è la carriera. Manager in una potente multinazionale, trascorre le giornate fra riunioni e tavole rotonde, tutte volte ad accrescere il profitto dell’azienda e la propria posizione. Chi si ferma è perduto. Questo “stile di vita” trova una descrizione esemplare nel racconto di una normale giornata di lavoro del protagonista, che coincide con il suo compleanno: nessuno, eccetto la madre, gli fa gli auguri; nemmeno la moglie Isabella, con la quale condivide sempre meno tempo e intimità; nemmeno lui stesso se ne ricorda, preso com’è da un appuntamento a Waterloo (luogo assai simbolico) con il grande capo che, in un crescendo di tensione, lo pone di fronte a un bivio: un ruolo ancora più importante, al quale però si dovrà consacrare anima e corpo; oppure uno più defilato.
Il Marco di una volta non avrebbe avuto dubbi. All’altare della carriera aveva sacrificato anche l’idea di un figlio. Ora, però, qualcosa si è rotto dentro di lui. Forse ha a che fare con la visita del giorno precedente al fratello Domenico, che è il suo esatto contrario: vive in quel piccolo mondo di provincia che è Porto San Giorgio, gestisce un negozio di infissi, sta per sposare una donna con due figli. Domenico lo porta al cimitero, nella casa d’infanzia, al mare. Marco reagisce con insofferenza, ma forse si è aperta una crepa, destinata ad allargarsi quando riceve una telefonata che gli annuncia...
Nata sa mettere il lettore nella condizione di osservare la psicologia dei suoi personaggi. La scrittura e la trama dei suoi libri non procedono per scatti, né puntano a colpire con effetti speciali. Gli interessa invece insinuarsi nei chiaroscuri dell’esistenza, in quello spazio in cui cambiare è ancora possibile. Lo smottamento interiore che attraversa Marco trova una rappresentazione coerente. Bella, per quanto limitata a una comparsa, la figura del prete. Come risolverà Marco la sua “crisi di senso”? Il finale aperto è un valore aggiunto del romanzo.
Paolo Perazzolo