Erri De Luca dà la Parola a Dio

Nel suo ultimo romanzo, "E disse", lo scrittore racconta con estrema intensità la consegna delle Tavole della legge al popolo ebraico. E indica suggestivi percorsi di lettura.

07/04/2011
Paolo Perazzolo commenta l'ultimo libro di Erri De Luca.
Paolo Perazzolo commenta l'ultimo libro di Erri De Luca.

   Leggere E disse (Feltrinelli), l’ultimo libro di Erri De Luca, equivale a compiere una scalata. Perché l’autore – grande appassionato di montagna e “alpinista” lui stesso – immagina che Mosè fosse uno scalatore e che proprio in una delle sue avventure sul Sinai abbia ricevuto i Dieci Comandamenti, certo; ma anche perché ogni parola va soppesata, meditata, lasciata riposare nel cuore. Una novantina di pagine di un’intensità stilistica ed emotiva rara, di un’essenzialità preziosa, che evocano davvero la visione di parole incise con il fuoco sulla pietra, proprio come accadde quel giorno che Mosè e il popolo ebraico assistettero – il viso rivolto al Sinai e le spalle al deserto – a quella sconvolgente manifestazione della divinità che è la consegna delle Tavole della legge.

   Mosè dunque torna da una delle sue scalate: «Lì sulla cima percepiva la divinità che si accostava». Questa volta però è annichilito. «Chi sono io?», è l’unica domanda che sa pronunciare. Poi finalmente si riprende, giacché «è grandiosa, sì, la spinta a scalare montagne, cavalcare altezze, ma l’impresa maggiore sta nell’essere all’altezza della terra, del compito assegnato di abitarla». E Dio – fatto inaudito – ha preso la parola, per indicare al suo popolo come è bene abitare la terra. Ha inizio qui il racconto della rivelazione delle Dieci Parole all’uomo, in cui De Lucamette a frutto le sue competenze di traduttore dell’Antico Testamento per svelarne aspetti inediti e aprire squarci pungenti su questioni che riguardano gli uomini di tutti i tempi, quindi anche noi contemporanei.

   Di questa interpretazione delle Tavole della legge, è qui possibile fornire solo qualche spunto. Le Dieci Parole sono rivolte a un tu maschile, spetta all’uomo ricordare e tramandare, non certo per un’inferiorità delle donne, le quali, al contrario sanno «di essere le beniamine della divinità. Nascevano perfette», tanto che Dio non le estrasse bell’e fatte dal corpo addormentato di Adamo, ma dovette costruirle, rifinire, aggiungere, modellare… «La donna è il suo prodotto perfezionato, culmine di esperienza di creazione». «Non nominare il nome di Dio invano » diventa «Non solleverai il nome di Iod Elohìm per falsità», cioè «non oserai utilizzare quel Nome a tutela di una falsità (…) come in tutte le guerre fatte in nome di quella divinità»: una bestemmia irreparabile…

   Ascoltata la voce di Dio, Mosè e il suo popolo si incamminano verso la Terra promessa. «“E amerai”: questa era giusta e ultima consegna. Le riassumeva tutte». E disse è un ottimo companatico per gustare ancora di più la serie sui Dieci Comandamenti proposta in queste settimane da Famiglia Cristiana.

Paolo Perazzolo
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