24/06/2011
Vania Colasanti (a destra) con l'attrice Tosca D'Aquino alla presentazione del suo libro.
Che cosa resta del padre? chiede Massimo Recalcati nel titolo del suo bel saggio (Raffaello Cortina Editore) dedicato all’evaporazione, in epoca “ipermoderna”, della figura di colui che – come insegna la psicologia lacaniana – insieme detta la legge e autorizza a provare il desiderio. Il desiderio di un padre però resta, e più vivo che mai, proprio quando il padre è evanescente, assente, o addirittura inesistente nell’infanzia del figlio che ne è privo. Se poi fosse una figlia a cercarne la presenza, si farebbe più acuta e struggente che mai la nostalgia di lui che come nessun altro è in grado di fornire conforto, riconoscimento, approvazione, principio di identità.
Ciao sono tua figlia, gli dice per salutarlo dopo averlo finalmente ritrovato Vania Colasanti, e nel titolo del suo romanzo (Marsilio) si rivolge a lui non altrimenti che richiamandosi al legame unico che li lega. La scrittrice, che tiene a qualificarsi come figlia, attinge a un’esperienza autobiografica di abbandono (“non era passato nemmeno un anno dalla mia nascita, e tu stavi con un’altra donna”), di delusione (“quel tuo modo superficiale di risolvere i problemi”) e di perdono (“forse posso dire che un piccolo fondo di ragione l’avevi avuto”) per descrivere la sofferenza, ancora più profonda che quella causata da una perdita, patita da chi il proprio padre non l’aveva conosciuto mai.
Lo stesso dolore immagina di provare – poiché, biograficamente non l’ha vissuto – Manuela Cattaneo della Volta. Che con spietata ridondanza, con l’ironia di un augurio rinnovato come un insistente rimprovero – Buon compleanno – ripercorre dalla nascita all’età adulta le tappe di una “Scricciolina” cresciuta senza padre. Ritmato da zero a ventidue anni, il racconto (Sonzogno) comincia però con un conto alla rovescia. Un countdown che mette alle strette colui che può solo vacillare ascoltando una frase scoccata come un colpo al cuore: “Caro papà, comincio dalla fine: mi manchi”.
Alessandra Iadicicco