18/11/2010
Ken Follett accanto a una statua di sé stesso a Vitoria, in Spagna.
L’ultimo bestseller di Ken Follett s’intitola La caduta dei giganti ed è il primo volume di una trilogia, The Century Trilogy, che intende coprire le vicende storiche del Ventesimo secolo.
La trama della Caduta dei giganti copre un periodo cruciale, quello che va dal 1911 al 1924, quindi dagli ultimi anni del vecchio ordine mondiale imperniato sull’equilibrio degli imperi (britannico, russo, tedesco, austriaco più Repubblica francese e Regno d’Italia) ai primi passi dei totalitarismi (nazista, fascista, sovietico).
Una dozzina d’anni vista da cinque punti di vista, quelli di cinque famiglie. In ordine di apparizione, i Williams, famiglia di minatori gallesi (come il padre di Follett, peraltro); i Fitzherbert, nobili inglesi proprietari di terreni carboniferi in Galles; i von Ulrich, nobili tanto a Berlino quanto a Vienna; i Dewar, esponenti dell’aristocrazia americana, quella del denaro e del potere politico; i Peškov, russi, contadini trasformati in operai.
Attorno a questi cinque nuclei famigliari ruotano una miriade di personaggi, veri (dal re inglese Giorgio V al Kaiser Gugliemo II, da Lenin ai generali francesi durante la Grande Guerra) o verosimili.
E all’interno di questi cinque nuclei spiccano poi alcuni personaggi chiave, il percorso storico e narrativo di ciascuno dei quali è destinato a incrociarsi con quello degli altri. Una vertiginosa ragnatela che solo un narratore puro e maestro del thriller come Follett poteva padroneggiare.
Così il conte Fitzherbert ha una sorella, Maud, sostenitrice del voto alle donne ma anche innamorata, ricambiata, di Walter von Ulrich. Il conte possiede le terre su cui lavorano i Williams, il sindacalista William senior e il figlio minatore William jr detto Billy, ma è anche invaghito della cameriera Ethel Williams, figlia di William senior.
Proprio all’inizio del romanzo la tenuta gallese dei Fitzherbert ha tra i suoi ospiti August “Gus” Dewar, americano, democratico, figlio di un potente senatore. Gus è in viaggio di formazione nella vecchia Europa e durante il suo soggiorno a San Pietroburgo conosce per caso i fratelli Peškov, Grigorij e Lev, costretti a trasferirsi nelle capitale russa dopo che il loro padre contadino era stato impiccato dal nonno della principessa Elizaveta detta Bea, moglie del conte Fitzherbert… e qui ci fermiamo per non togliere al lettore il piacere della scoperta e della lettura e diamo la parola all’autore.
- È corretto dire che alcuni dei personaggi principali del romanzo, come Walter e i fratelli Williams, hanno un rapporto difficile con la figura paterna?
«In parte forse è così. Lo scontro tra Walter e suo padre Otto è un modo per personalizzare lo scontro politico in atto in quegli anni tra progressisti e conservatori in Germania. Uno scontro peraltro comune a tutt’Europa, in quel periodo. Per quanto i riguarda i Williams, Billy rifiuta il rigore religioso del padre, non tanto la sua figura. Gus ha un buon rapporto con il padre, anche se per esempio la madre è una donna un po’ snob. Un mio amico dopo aver letto la prima bozza del libro mi ha detto: per fortuna che c’è almeno un personaggio attempato che è anche saggio e simpatico. Intendeva il nonno di Billy ed Ethel. Un punto a favore degli anziani».
- Il fatto che sia Fitzherbert sia Walter siano agenti dei servizi segreti dei rispettivi Paesi può essere considerato una specie di omaggio al genere che l’ha resa famoso, la spy-story?
«Amo le spy-story, da un punto di vista narrativo sono fantastiche perché permettono di infittire le trame di situazioni pericolose ed elettrizzanti. Detto questo, negli anni in cui svolge il libro lo spionaggio era ancora agli inizi, non si era ancora raffinato e quindi non offriva grandi spunti. L’ingrediente spionistico avrà più peso nel secondo volume della trilogia».
- A questo proposito, quali dei personaggi della Caduta torneranno nel prossimo libro?
«In realtà lo sto ancora scrivendo, ma posso dire che la maggior parte dei personaggi principali tornerà anche nel secondo volume, che s’intitolerà L’inverno del mondo. Ma soprattutto avranno importanza i figli dei protagonisti, quindi gli eredi di Walter, Fitzherbert, Ethel, Gus e così via».
- Di cosa ha paura quando scrive: di annoiare? Di sbagliare i dettagli? Di perdere il filo della narrazione?
«Di annoiare. Quando scrivo sono convinto di quello che sto scrivendo, che il mio lavoro sia interessante e degno di essere letto, ma come fare a convincere il lettore di questo? Come fare a essere sicuro che s’interessi a qualcosa che è stato inventato da me? La risposta è appunto nel non annoiarlo, nel convincerlo che non potrà fare a meno di leggere il libro per intero».
Carlo Faricciotti