Il rosa e il nero

Romanzo di un sogno di pallone ma anche di vita per la città.

29/03/2011

Palermo nel cuore, così senza l'articolo, perché la dichiarazione d'amore sia duplice e ambigua, da via Notarbartolo al rosanero senza soluzione di continuità, con tutti i contrasti che, nel calcio e in città, questo comporta. Pietro Scaglione dedica a questo tema il suo primo breve romanzo, uscito per Torri del vento. Protagonisti quattro ragazzi palermitani nati negli anni Ottanta: una scusa per dire del calcio e non solo, perché tanta storia gli anni trascorsi da allora hanno raccontato. E di questa storia tra le righe c'è traccia.

Pietro Scaglione, titolo ambiguo. E' voluto?
«C'è il contrasto tra il rosa e il nero. I colori sociali riflettono i colori della città».

Anche nel tifo c'è questo contrasto: c'è l'amore romantico del tifoso e una dose di violenza. L'omicidio Raciti avvenne in un derby con il Catania...
«Già ma era figlio di uno scontro tra i catanesi e la polizia non coinvolse i palermitani. Spesso il tifo comunque davvero ha dentro questi due colori. Ma anche la città ha la stessa sfumatura: è capace di esprimere grandi slanci di solidarietà, ma convive con il buio della mafia, con la collusione tra mafia e politica. Chi ha creato la squadra con questi colori non avrebbe mai immaginato di rappresentare così bene le due anime della città».

Protagonisti della storia sono quattro ragazzi, orgogliosi di appartenere a Palermo e alla curva. Orgogliosi di che cosa precisamente?
«Uno dei motivi di vanto è l'assenza di razzismo, la fierezza di riunire tante culture, la capacità di rialzarsi dalle tragedie, l'aquila, il simbolo del palermo risorge sempre. La squadra venne radiata e il giorno dopo chi l'aveva amata già guardava avanti».

Il libro finisce con un sogno di pallone che non riveliamo per non guastare la lettura, esiste un sogno speculare nella città?
«Sì, se si realizzasse quel sogno di calcio si parlerebbe di Palermo all'estero non più solo per le sue ombre. E poi c'è un secondo sogno, un rapporto con il tifo meno repressivo. Io temo che l'eccesso di repressione alimenti la violenza».

Più ottimista sul sogno calcistico o su quello civile?
«Sembrerà provocatorio, ma direi che ho più speranza per la squadra: nel calcio meritiamo la serie A, piani alti, ma la città resta agli ultimi posti nell'annuale classifica del Sole 24Ore e, quindi, calcisticamente parlando, non va oltre la Lega Pro. Non penso tanto alle persone quanto alla gestione della cosa pubblica».

Nel libro c'è tanto impegno civile. Un sondaggio recente, condotto in alcune scuole d'Italia, ha sottolineato che il 25% degli intervistati vede Giovanni Falcone e Paolo Borsellino come "illusi, se non proprio fessi". Che fine ha fatto tutto il lavoro condotto nelle scuole dal 1992 in avanti, finito con il riflusso dell'onda emotiva?
«Mi sono un po' informato, molti insengnanti mi confermano che anche questo 25% ammira Falcone e Borsellino, ma per scarsa fiducia nelle istituzioni teme che il loro sacrificio si stato vano. Rispetto a 30 anni fa, però, anche nei quartieri più difficili, i giovani hanno fatto passi avanti, non fanno più dichiarazioni pro mafia neppure per procazione. Si è fatta strada, il 75% delle risposte del resto lo dimostra».

Elisa Chiari
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