07/02/2013
Il ministro dell'Istruzione Profumo: l'istruzione è uno degli aspetti presi in considerazione dal Bes (Ansa).
Quello che ha presentato oggi all'Accademia dei Lincei il presidente dell'Istat Enrico Giovannini non è un esercizio intellettuale astratto e fine a sé stesso. Tutt'altro: assumere il Bes, anziché il Pil, come criterio di misura del benessere di una società o di una nazione fa una grossa differenza.
Partiamo dalle parole. Il Pil è il Prodotto interno lordo, ovvero l'indice mondiale utilizzato per misurare la crescita economica degli Stati. Finora il Pil ha goduto di un'egemonia pressoché totale; ha avuto, per così dire, il monopolio come metro di valutazione della ricchezza, occupando spesso anche territori che non gli competevano, grazie all'ambiguità del concetto stesso di ricchezza. Da tempo molti voci si erano levate per far notare che, se il Pil ha i suoi meriti e, appunto, il suo valore come indicatore della crescita economica, ovvero di ciò che un sistema è in grado di produrre dal punto di vista strettamente "quantitativo", mostra limiti spaventosi allorché gli si chiede di misurare tutto ciò che possiamo raccogliere sotto il termine "benessere". Con dei clamorosi effetti paradossali: un'azienda che produce un qualche bene ma che inquina, contribuisce comunque a incrementare il Pil, così come un'impresa di armi... Mentre chi eroga servizi - dalla scuola alla sanità - può addirittura figurare, in questo contesto, come un costo che non apporta alcun contributo al Pil.
Di qui la necessità di un fratello del Pil, da tempo all'ordine del giorno dell'Unione europea, grazie alla riflessione di grandi intellettuali, come il Nobel per l'economia Joseph Stiglitz o il filosofo Edgar Morin.
Il disegno di un bambino di Taranto sull'inquinamento e sull'Ilva: ambiente e condizioni sanitarie sono fattori decisivi del Bes (Ansa).
La presentazione del Bes inserisce anche il nostro Paese in tale dibattito. Per Bes si intende "Benessere equo sostenibile", ovvero un indicatore che, affiancandosi e superando il Pil, cerca di fotografare in maniera più realistica e completa lo stato di "salute" di una società. A tal scopo Cnel e Istat hanno coinvolto alcuni fra i maggiori esperti dei diversi aspetti che contribuiscono al benessere - la salute, l'ambiente, il lavoro, le condizioni economiche, l'istruzione... -, le parti sociali, settori della società civile... Il risultato è uno strumento per guardare al benessere dei cittadini nella sua compessità, oltre la mera categoria economica. Il Bes considera 12 aspetti del benessere, avvalendosi di ben 124 indicatori statistici.
Ci si può domandare in quale modo il Bes, una volta messo a punto e assunto dai Governi, possa incidere positivamente sulla vita delle persone. Esso è anzitutto uno strumento conoscitivo, in grado di dirci con maggiore approsimazione alla realtà come sta una società, un Paese, una nazione. Una più approfondita conoscenza della reale situazione dobrebbe poi orientare e declinare in maniera più efficace e mirata l'azione politica e governativa, consentendole di colpire con l'attività legislativa le zone critiche (le disuguaglianze, la negazione del diritto allo studio, il mancato accesso alle cure sanitarie, la disoccupazione...).
Benvenuto Bes, dunque.
Paolo Perazzolo