Lazarus risorge nel ricordo di Vladimir

Eraldo Affinati legge per noi "Il progetto Lazarus" di Aleksandar Hemon.

17/06/2010
Eraldo Affinati commenta il libro di Hemon.
Eraldo Affinati commenta il libro di Hemon.

Gli scrittori inseguono spesso i fantasmi perché hanno bisogno di immaginarsi altre vite, altri mondi, altre professioni, come se quelle di cui dispongono fossero inadeguate, insufficienti, vane. Aleksandar Hemon gli spettri ce li ha dentro: nato nel 1964 a Sarajevo, vive a Chicago dal tempo in cui scoppiò la guerra nell’ex Jugoslavia. Scrive in lingua inglese.
 
Di Hemon sono già stati tradotti, presso l’editore Einaudi, due libri importanti: la raccolta di racconti Spie di Dio e il romanzo Nowhere Man che riprende il titolo di una vecchia canzone dei Beatles. Protagonista di entrambi era Jozef Pronek, impegnato a comporre i frammenti di un’esistenza spezzata. Nella terza opera, Il progetto Lazarus, questo alter ego cambia nome e diventa Vladimir Brik, un giovane scrittore slavo che dagli Usa, dove si è stabilito con la moglie Mary, americana, torna in patria, insieme a Rora, un amico reporter, per seguire le tracce di Lazarus Averbuch, immigrato ebreo dei primi anni del Novecento, miracolosamente scampato ai pogrom dell’Europa orientale, ma non alla follia omicida di un poliziotto di Chicago che confuse la sua aria smarrita con quella di un pericoloso sovversivo.
 
Il libro, a volte duro come un pugno nello stomaco, si articola in un contrappunto, anche fotografico, fra il diario di viaggio dei due amici, attraverso Ucraina, Moldavia, Romania e Bosnia, ritratte in una visione cupa e lancinante di povertà e frantumi, e le vicende storiche dell’incolpevole vittima, riemerse quasi come schegge di uno specchio arrugginito. Il tema di fondo che, in omaggio al personaggio biblico, resta sepolto dentro il romanzo alla maniera del morto avvolto nelle sue fasce, è quello della risurrezione. Vladimir Brik, perso nelle terre dove avrebbe dovuto ritrovarsi, riconosce sé stesso in Lazarus Averbuch: «Casa è dove qualcuno si accorge della tua assenza ». Sembra che Hemon ci voglia dire: tenendo in sospeso, come un ordigno nucleare, la fede nella rinascita individuale, resta praticabile, qui ora, un’altra possibilità: continuare a vivere nelle persone che, quando non ci saremo più, ci penseranno. Non è questo il compito supremo che da secoli gli esseri della nostra specie affidano alla letteratura?

Eraldo Affinati
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