10/12/2011
Alessandro D’Avenia, 34 anni, dottore di ricerca in Lettere classiche, insegna Lettere al liceo ed è sceneggiatore. Il suo romanzo d’esordio, "Bianca come il latte, rossa come il sangue", è stato accolto da un grande successo e diventerà un film che uscirà nel 2012.
Dopo l’enorme successo
dell’esordio con Bianca come
il latte, rossa come il sangue,
Alessandro D’Avenia
pubblica il suo secondo romanzo, Cose
che nessuno sa (Mondadori). Un libro che per
molti versi ricalca il precedente, in parte perché il professore-scrittore attinge dal mondo che meglio conosce, cioè la scuola, in parte, forse, perché ha voluto ripetere uno schema che si era rivelato vincente.
Margherita, 14 anni, sta per affrontare
un passaggio delicato della
sua adolescenza, l’ingresso al liceo.
A renderlo ancora più problematico,
è l’improvvisa “fuga” dell’amato padre
che, con un messaggio lasciato
in segreteria, ha annunciato alla famiglia
che non tornerà a casa. Per
fortuna c’è la nonna Teresa, dall’alto
della sua esperienza e forte delle sue
“carezze culinarie”, a dare sostegno
alla madre di Margherita, al fratellino
e a lei stessa. La vita dà e toglie:
mentre il vuoto terribile lasciato dal
padre crea dolore e smarrimento,
una nuova vulcanica amica con la
sua vivace famiglia e Giulio, compagno
di scuola misterioso e inavvicinabile,
sembrano
proporle inaspettate
ancore di salvataggio.
E poi c’è
quel nuovo professore
di lettere, che
prende sul serio i libri
di cui parla, al
punto da renderli veri e autentici, anche se forse è più abile
con la letteratura che con la vita,
visto che l’incapacità di assumersi le
sue responsabilità lo sta allontanando
dalla fidanzata Stella. Saranno le
parole della nonna e dell’Odissea a
convincere Margherita a prendere
un’iniziativa coraggiosa e pericolosa:
andare in Liguria, nella casa delle
vacanze, a cercare il padre.
Come nel romanzo precedente, anche in "Cose che nessuno sa" è un gruppo di adolescenti ad essere protagonista.
Ancor più che il dolore come esperienza
inevitabile della vita da cui
possono germogliare frutti imprevisti
– tema che viene solo abbozzato –,
il cuore del romanzo è il rapporto
fra la parola e la vita, la letteratura
e la realtà. Tutti i personaggi si misurano
con questa sfida: il padre che
promette ma non mantiene, il prof
che “crede” nei romanzi ma li scinde
dalla quotidianità, la nonna che fa
di ogni parola un distillato di sapienza,
la madre e Margherita stessa che
non riescono più a conciliarle in modo
armonioso...
E risulta efficace e spigliato, anche sul piano narrativo, il modo in cui l'autore svolge l'argomento.
Cose che nessuno sa piacerà molto
ai ragazzi, per i quali sembra essere
stato pensato e scritto. Alcune
situazioni e i profili di certi personaggi
magari non convinceranno tutti i
lettori (il ritorno del padre sembra rispondere
più alle esigenze di un obbligato happy-end che a un'autentica “conversione”, Giulio
ricalca lo stereotipo del ragazzo
bello e maledetto), ma è indubbio
che D’Avenia sa costruire storie, che
ama accompagnare con uno stile partecipato
ed emotivo, e che ha il coraggio
di confrontarsi con le
grandi questioni della vita.
Ci preme sottolineare altri due aspetti che entrano nella trama, ricevendone un'importante valorizzazione. Intanto la descrizione della famiglia della nuova amica di Margherita che, in tutta la sua caotica vitalità, mostra un nucleo affiatato, felice di stare assieme, in cui ogni componente (a dispetto, o forse grazie al fatto di essere piuttosto numeroso) trae energia dagli altri. È piuttosto raro incontrare, in letteratura, un modello familiare così allegramente positivo, anche se, nella realtà, non mancano. E poi la casa-famiglia in cui il tormentato Giulio trova accoglienza, con l'insostituibile ruolo di volontari motivati e capaci: una stupenda realtà che, una volta tanto, trova una celebrazione anche letteraria.
Paolo Perazzolo