10/02/2011
Paolo Perazzolo commenta "Solar", l'ultimo romanzo di Ian McEwan.
È incredibile come Michael Beard,
l’antieroe protagonista di Solar (Einaudi), l’ultimo
romanzo di Ian McEwan, sappia
appassionare il lettore, nonostante la
sua infima statura morale e un aspetto
fisico tutt’altro che attraente. È cinico,
fedigrafo impenitente, basso e
grasso. Certo, è un uomo di spiccate
qualità intellettuali, che gli sono valse
un Nobel per la fisica, grazie a una scoperta
che lo ha consacrato come l’erede
addirittura di Einstein e che lo ha
reso un punto di riferimento nella corsa
della scienza verso quelle energie
pulite che possono salvare l’umanità
dalla catastrofe. Ma anche le brillanti
intuizioni della gioventù sono un ricordo
lontano, l’ispirazione è venuta
meno, e il nostro è perlomeno scettico
rispetto alla causa ambientalista. Continua
a godere dei benefici del Nobel,
ma sembra sempre più vittima dei
suoi irrefrenabili istinti e vizi (ingordigia
e lussuria su tutti), a discapito di
un’intelligenza sempre più spenta.
L’incontro con Tom Aldous, un giovane
ricercatore, cambia il corso della
sua vita. Convinto che la strada che le
scienze devono esplorare sia quella
della fotosintesi artificiale, ovvero lo
sfruttamento del potenziale energetico
della luce, Aldous sparisce presto
di scena, permettendo così a Beard di
impossessarsi della sua scoperta e di
inventarsi una seconda carriera di
onori e di gloria, facendosi profeta
delle energie rinnovabili...
La decadenza di un mondo che rifiuta
di guardare in faccia la verità sulla
salute del pianeta si specchia e trova
una rappresentazione simbolica
nella caduta del protagonista: entrambi
non sanno assumersi le proprie responsabilità,
rinviano all’infinito i
problemi (la fine del petrolio e il surriscaldamento
climatico, da una parte;
le conseguenze del suo disordine morale
e fisico dall’altro) e fanno prevalere
l’interesse immediato e impulsivo
su una riflessione durevole. E come
Beard sprecherà anche le ultime occasioni
per diventare un uomo vero, finalmente
maturo e compiuto, così il
mondo si ostina a ignorare i ripetuti
segnali d’allarme. Entrambi sono avviati
a un’ineluttabile catastrofe.
McEwan si è divertito molto a scrivere
questo libro, e il lettore (meglio
se adulto, date molte situazioni descritte)
percepisce e partecipa di questo
stato d’animo. Alcune pagine sono
memorabili: ad esempio quelle
che raccontano l’equivoco che ha
per oggetto un sacchetto di patatine
– davanti alle quali è difficile trattenere
il sorriso – o quelle in cui descrive
l’amore gratuito e “inspiegabile”
della figlia nei suoi confronti.
Pur nei toni di una commedia, a
tratti esilarante, la parabola umana
di Micheal Beard è una sorta di apologo
morale che riguarda il presente
e il futuro di ognuno di noi e, insieme,
del mondo in cui viviamo.
Paolo Perazzolo