25/05/2011
Paolo Perazzolo commenta "Non per profitto" della filosofa americana Martha Nussbaum.
C’è un libro che i genitori, i giovani,
gli educatori, gli insegnanti e
infine i legislatori dovrebbero leggere
con la massima attenzione: Non per
profitto di Martha Nussbaum (il Mulino). La filosofa
americana sostiene che ci troviamo
nel bel mezzo di una crisi gravissima,
ma l’allusione non è alla recessione
economica, bensì alla «crisi mondiale
dell’istruzione».
Dove sta il problema? Nel fatto che
i piani di studio di un numero crescente
di scuole sparse in tutto il mondo –
soprattutto a livello di istruzione secondaria
e universitaria – «stanno accantonando,
in maniera del tutto scriteriata,
quei saperi che sono indispensabili
a mantenere viva la democrazia
». Tali saperi si identificano in quelle
che comunemente chiamiamo discipline
umanistiche, ovvero la letteratura,
la filosofia, la storia, l’arte, il teatro
e tutte le espressioni artistiche. Esse
hanno la peculiarità di sviluppare, nel
giovane, alcune attitudini fondamentali:
«La capacità di pensare criticamente;
la capacità di trascendere i localismi
e di affrontare i problemi mondiali
come “cittadini del mondo”; e, infine,
la capacità di raffigurarsi simpateticamente
la categoria dell’altro».
Un
pensiero autonomo e critico, una visione
“globale” dei problemi, il dialogo
e l’incontro con chi è altro da noi:
ecco il tesoro prezioso che l’insegnamento
della materie umanistiche porta
in dote. Un tesoro essenziale alla sopravvivenza
e allo sviluppo delle democrazie.
E sempre più minacciato a
favore di materie tecniche, di un sapere
fatto di nozioni che non educano alla
capacità di “ragionare con la propria
testa” e di “mettersi nei panni dell’altro”,
ma puntano alla trasmissione
di «cose che una macchina ben programmata
riesce a fare meglio di un
essere umano» (John Dewey, 1915).
Una doverosa puntualizzazione:
l’obiettivo dell’autrice non è quello di
scatenare una crociata contro l’istruzione
tecnico-scientifica, fondamentale
per preparare a professioni vitali
per la società. No, la sua denuncia nasce
dalla constatazione che l’insieme
delle materie che formano il pensiero
e l’immaginazione di un individuo
vengono sempre più trascurate, quando
non cancellate dai piani di studio.
Sull’essenzialità di una formazione
non solo tecnica valga un esempio. Viviamo
nell’epoca della globalizzazione,
ogni problema richiede un approccio
non localistico, siamo esposti al
frenetico contatto fra culture e tradizioni
diverse... La scuola sta dotando i
giovani degli strumenti necessari ad
affrontare tale fenomeno, con tutte le
sfide che implica? Serve, a questo scopo,
togliere il sapere umanistico?
Paolo Perazzolo