18/05/2012
Una delle tante riprese della "Cavalleria rusticana" (Ansa).
Un secolo di duelli all’ombra della Cavalleria rusticana. Una storia infinita, tra palcoscenici e aule di giustizia, querele e processi, riappacificazioni e condanne. L’oggetto del contendere fu la celebre opera di Giovanni Verga, rappresentata in teatro sia da Pietro Mascagni sia da Domenico Monleone. Tuttavia, mentre il successo accompagnò Mascagni, l’oblio e l’accusa di plagio danneggiarono irrimediabilmente l’altra Cavalleria di Monleone, riabilitata clamorosamente da un volume appena pubblicato. Verga – Mascagni – Monleone: l’altra Cavalleria rusticana è il titolo del libro di Chiara Di Dino, giovane musicista palermitana.
Il volume (pubblicato dalla Società editrice Dante Alighieri, con prefazione di Quirino Principe) contiene anche il testo del libretto dell’opera censurata e ritirata dal commercio dopo la condanna per plagio.
L’appassionante novella fu scritta da Giovanni Verga nel 1879, poco prima della pubblicazione del capolavoro verista I Malavoglia. Ambientata in Sicilia, descrisse – con il consueto realismo dell’autore – la conclusione tragica della passione del giovane Turiddu per la bella coetanea Lola. Tornato dal servizio militare, infatti, Turiddu scoprì che Lola aveva scelto un altro compaesano, Alfio. A quel punto, Turiddu si fidanzò con Santuzza, ma divenne amante di Lola. Indignata per il tradimento, Santuzza si vendicò riferendo tutto ad Alfio, il quale sfidò a duello Turiddu e lo uccise a coltellate.
Una foto d'epoca di Pietro Mascagni.
Nel 1884, il successo letterario della novella indusse Verga a
rappresentare l’opera in teatro (con la partecipazione dell’attrice
Eleonora Duse). In quegli stessi anni, il musicista livornese Pietro
Mascagni partecipò a un concorso promosso dalla casa editrice Sonzogno,
riproducendo la Cavalleria rusticana senza il consenso di Verga, che
intentò una causa per ottenere i diritti d’autore. Il processo si
concluse con una transazione che, però, non soddisfò in pieno il maestro
del Verismo.
Intanto, l’opera di Mascagni incontrò un successo senza precedenti e
Verga, per dispetto, incitò il compositore genovese Domenico Monleone a
rappresentare in teatro un’altra Cavalleria rusticana (con il libretto
scritto dal fratello Giovanni).
Una foto d'epoca di Domenico Monleone.
La reazione di Mascagni e Sonzogno fu
immediata e, nel 1909, la Corte di Cassazione condannò
definitivamente
per plagio il compositore genovese. L’altra Cavalleria di
Monleone,
dunque, fu ritirata per sempre dalle scene e ogni copia del melodramma
fu distrutta.
Secondo Chiara Di Dino, però, «il plagio non sussisteva e la condanna di
Monleone era immotivata. I due libretti, infatti, si assomigliavano, ma
non erano uguali; perché il testo di Mascagni non denunciava la
situazione sociale della Sicilia dell’epoca, mentre la Cavalleria
di
Monleone era un’opera integralmente verista».
Al contrario di Mascagni, infatti, Monleone denunciò la sottomissione
della donna (rappresentata da Santuzza) e la prepotenza della mafia
(incarnata da Alfio).
In ogni caso, a conclusione del processo, Monleone divenne
clamorosamente amico di Mascagni e pubblicò le sue opere con l’editore
Sonzogno. Una vicenda degna del migliore Pirandello!
Pietro Scaglione