04/05/2012
Remo Girone nei panni di PIo XII nella fiction "Suor Pascalina".
Il male che si presenta sotto forma di una
brutta malattia che sconvolge tutto e contro
la quale ci si sente impotenti. Pregare
per vivere, è il titolo del libro del teologo
René Voillaume, il volume proposto
dal numero in edicola di Famiglia Cristiana per la Biblioteca universale
cristiana (Buc). Questo ha fatto Remo
Girone quando, vent’anni fa, gli fu diagnosticato
un cancro alla prostata che gli lasciava
poche speranze. «Prima di entrare in sala
operatoria per l’intervento che mi avrebbe
salvato, mi ricordai delle preghiere che avevo
imparato da bambino, quelle più semplici
che non si dimenticano mai, nemmeno quando,
come nel mio caso, non si ripetono da
molti anni: il Padre nostro, l’Ave Maria e la
preghiera del cuore: “Signore Gesù Cristo, figlio
di Dio, abbi pietà di me peccatore”».
– Che rapporto aveva avuto fino a quel momento
con la fede?
«Ho ricevuto una tradizionale educazione
cattolica. Sono nato ad Asmara in Eritrea e lì
ho frequentato l’asilo dalle suore combonia ne e poi l’ultimo anno delle elementari e le
medie dai Fratelli delle Scuole cristiane. Ovviamente,
pregavo spesso in quel periodo
ma, crescendo, mi sono gradualmente allontanato
dalla pratica religiosa».
– La malattia l’ha riavvicinata alla fede?
«La prima cosa che ho fatto una volta guarito
è stata sposare in chiesa mia moglie, con
la quale mi ero unito solo civilmente dodici
anni prima. Da allora non sono diventato un
cattolico molto praticante, ma la consuetudine
con la preghiera mi è rimasta: vi trovo
molta consolazione. In più, ora prego non
solo quando mi trovo in difficoltà, ma anche
per ringraziare Dio delle cose belle
che mi dona ogni giorno, a iniziare dalle
più semplici come una bella giornata di sole.
Prima, le davo per scontate».
Il volume di René Voillaume della Biblioteca universale cristiana allegato al numero di "Famiglia Cristiana" ora in edicola.
– Quindi la malattia ha cambiato anche la
sua disposizione verso la vita?
«Mi ha dato una prospettiva diversa: ora di
fronte a qualcosa che non va come avrei sperato
reagisco con più distacco. Ma a questo diverso
atteggiamento credo contribuisca anche il
fatto che, più banalmente, sto invecchiando.
E tuttavia non ho perso la mia inquietudine
di fondo: resto un uomo tormentato dai dubbi
e che vorrebbe sempre essere migliore».
– Nella recente fiction Maria di Nazaret trasmessa
da Rai 1 ha interpretato Ponzio Pilato,
l’emblema dell’uomo tormentato dai dubbi.
La preghiera può aiutare a dissiparli?
«Forse no, ma sicuramente mi aiuta ad affrontare
la vita con più umiltà, a staccarmi
dall’illusione di poter avere sempre il controllo
su tutto».
– Ma si è chiesto come si sarebbe comportato
se si fosse trovato al suo posto?
«Pilato, anche se in cuor suo sapeva benissimo
che Gesù non aveva colpe, ha preferito
liberare Barabba per paura di provocare
un’insurrezione. Quindi ha fatto prevalere la
ragion di Stato sulla giustizia. Non a questi
livelli, però cerco il più possibile di evitare
contatti con persone che detengono
un potere, perché ho paura di essere costretto
a fingere di approvare qualcosa che
in realtà non condivido affatto».
– La preghiera può servire a discernere con
maggior chiarezza il bene dal male?
«Pochi mesi fa ho letto in teatro “Il Grande
Inquisitore” di Dostoevskij. Il protagonista
rimprovera Gesù di aver portato sulla Terra la
libertà di coscienza, mentre gli esseri umani
secondo lui hanno bisogno di essere guidati,
di avere regole certe su cui contare. La preghiera
aiuta, ma non ci esime dal dovere di fare
continuamente i conti con la nostra coscienza:
non può essere uno strumento per autoassolverci
con leggerezza. Però è anche vero il contrario:
spesso solo pregando ci si rende davvero
conto di aver fatto del male a qualcuno e al
tempo stesso ci si rende più disponibili al perdono.
La preghiera ti apre il cuore».
Per informazioni sulle uscite della Biblioteca universale cristiana (Buc): www.famigliacristiana.it/iniziative/buc/
Eugenio Arcidiacono