27/02/2013
Sergio Rilletti alla presentazione del libro.
Chi incontra Sergio Rilletti, capisce subito che si tratta di una persona speciale, piena di vita. Convenevoli a parte, lo scrittore milanese ha appena curato con Elio Marracci l’antologia Capacità nascoste – La prima antologia diversamente thriller (No Reply Edizioni), che raccoglie 25 racconti thriller, scritti da alcuni importanti autori, con protagonisti diversamente abili. In occasione della pubblicazione del volume lo abbiamo intervistato.
Come e perché è nata la raccolta di racconti?
«L’idea di questa antologia è venuta a Elio Marracci leggendo, e recensendo, il mio racconto autobiografico Solo!, scaricabile gratuitamente dal web, dove narro le mie peripezie – fisiche e mentali – per ritrovare un gruppo di volontari che mi aveva abbandonato da solo in mezzo al Parco di Monza, a bordo della mia piccola carrozzina elettrica. Un racconto che ho scritto nel 2006 con la specifica speranza, purtroppo finora vana, di rintracciare una splendida coppia di giovani – un lui e una lei – che, dopo due ore che avevo trascorso in un crescente ma sempre dominato terrore, mi incontrarono, capirono tutto, e mi aiutarono in maniera assolutamente encomiabile. Bene. Lo scopo di questa antologia è dimostrare che le persone “diversamente abili” possono cavarsela grazie alle proprie capacità».
Lei crede che ci siano ancora discriminazioni nei confronti dei diversamente abili?
«Purtroppo sì. Ogni volta che una persona con disabilità viene trattata, non come un individuo singolo dotato di una propria personalità, ma come un arto di un’unica entità astratta chiamata Personadisabile (singolare, tutto attaccato), si commette un atto discriminatorio verso quella persona e, di conseguenza, verso l’intera categoria delle persone disabili (plurale, due parole distinte, staccate). Le eccezioni ci sono, ovviamente, ma sono molto rare e vanno tutelate come specie protetta».abili.
Il volume curato da Rilletti.
Pochi giorni fa, su Facebook, lei ha denunciato i rischi cui i
disabili devono sottoporsi ogni giorno. Può spiegarci meglio?
«Mi riferivo in particolare alla pericolosità di una certa strada
di Celle Ligure, in provincia di Savona, che costituiva un grave pericolo, molto superiore
alla norma, per chiunque la attraversasse (io stesso sono stato
investito, finendo pure al Pronto soccorso!). Ora, dopo circa 15 anni di
battaglie e di segnalazioni ufficiali – supportate anche dal vivo
interessamento del Difensore civico -, nonché dopo soli cinque giorni da
quel mio “magico” post su Facebook, il problema è stato finalmente
risolto, con l’installazione e l’attivazione di un semaforo a chiamata».
In Italia, secondo lei, i servizi dedicati agli invalidi sono
sufficienti?
«No. Parlando di centri diurni e di residenzialità, la situazione è
piuttosto ostica. C’è un blocco totale in entrambi i settori, che
impedisce alle strutture di smaltire le lunghissime liste d’attesa,
ponendo forti disagi alle persone disabili, ostacolandole sia nel
coltivare una vita sociale propria – alla base dell’esistenza di ciascun
individuo -, sia nel progettare una vita in autonomia,
indipendenti dalla famiglia, possibilmente prima che le circostanze lo
rendano obbligatorio, inevitabile. Le soluzioni ci sono, come
l’accreditamento di strutture già pronte per la residenzialità e lo
sblocco degli inserimenti in alcuni centri diurni. Infine, parlando
sempre di servizi e di vita autonoma, devo far notare, mio malgrado, che
a Milano - per i più disparati motivi - l’uso dei mezzi pubblici è
quasi totalmente interdetto alle persone disabili».
Daniele Rubatti