Biblioteche, un appello per salvarle

Strangolate dal taglio delle risorse e del personale, rischiano di chiudere, privando i cittadini di servizi essenziali. Una petizione e una proposta per impedire che ciò avvenga.

04/11/2011
La Biblioteca dell'Accademia nazionale dei Licei.
La Biblioteca dell'Accademia nazionale dei Licei.

È un omicidio silenzioso che si sta consumando nell'indifferenza generale. Le biblioteche italiane stanno vivendo una lenta, ma inesorabile agonia, che rischia di portare alla chiusura di questi luoghi che sono molto più che semplici depositi di volumi: sono centri di cultura, di socialità, di aggregazione, di iniziative ed eventi, di dialogo e studio, e quindi di democrazia.

L'appello. Il 22 ottobre scorso l'Aib (Associazione italiana biblioteche), insieme a una serie di altre associazioni, ha lanciato un drammatico appello intitolato "La notte delle biblioteche" per la difesa di questi centri, «prima che sia troppo tardi». «In Italia», si legge sul sito www.aib.it, «per colpa della crisi economica e di una politica culturale miope, le biblioteche sono allo stremo». La prima cosa che ciascuno di noi può fare, se condivide i valori di questa battaglia, è di sottoscrivere on line l'appello. Si troverà fra l'altro in ottima compagnia. Hanno aderito decine di scrittori (dal Premio Strega Edoardo Nesi al Nobel Dario Fo), scienziati (Margherita Hack), editori (Giuseppe Laterza, Elisabetta Sgarbi, Antonio Sellerio),  registi (Paolo Sorrentino), sacerdoti (don Luigi Ciotti), intellettuali (Ernesto Ferrero, Nadia Urbinati, Salvatore Settis), nonché varie associazioni. Come ci si mobilita contro il precariato, per il lavoro, per la giustizia, così bisogna indignarsi per la cultura, contro l'ignoranza.

Alcuni volontari impegnati a salvare i testi dell'Archivio storico della Biblioteca di Aulla dopo l'alluvione.
Alcuni volontari impegnati a salvare i testi dell'Archivio storico della Biblioteca di Aulla dopo l'alluvione.

Presidi di democrazia. Dovrebbe essere chiaro a tutti perché le biblioteche vanno salvate. Molti potrebbero rispondere con un ricordo personale, rievocando il giorno in cui hanno preso in prestito un romanzo, la volta in cui hanno preparato un esame in quell'inimitabile atmosfera ovattata, l'occasione di un incontro con un amico o un innamorato-innamorata, la partecipazione a un'iniziativa culturale... Pensare alle biblioteche come a meri contenitori di libri è insomma riduttivo e fuorviante: fra quegli scaffali colmi di volumi è in gioco qualcosa che ha a che fare con la libertà di informarsi, di studiare, di farsi un'opinione, di confrontarsi con gli altri. È il diritto alla conoscenza e al dibattito a essere tutelato dalle biblioteche: guai a perderlo. Non sfugga, soprattutto in tempi di crisi, il valore della possibilità di leggere un libro e di avere accesso al sapere gratuitamente.

I tagli. Per capire meglio perché tali presidi siano in pericolo bisogna citare qualche cifra. La Biblioteca centrale nazionale di Roma ha visto il suo budget ridursi a due milioni di euro, quella di Firenze a 1,5 milioni. Il confronto con gli altri Paesi europei consente di valutare la portata di queste cifre: Parigi può contare su 254 milioni, Londra su 160, Madrid su 52... Non va meglio se cambiamo parametro di riferimento, vale a dire il personale: poco più di 200 impiegati a Roma e Firenze, contro gli oltre mille della Biblioteca nacional madrilena, i 2.000 della British library londinese, i 2.600 della Biblioteque nationale parigina... Il futuro non può che vedere un peggioramento della situazione, visto che l'età media del personale supera i 55 anni e il ricambio è bloccato.

Una scolaresca nella Biblioteca Enzo Tortora a Testaccio, Roma.
Una scolaresca nella Biblioteca Enzo Tortora a Testaccio, Roma.

Una proposta. Se crediamo che le biblioteche abbiano un valore civile, sociale e culturale fondamentale, bisogna salvarle. La responsabilità più grande ricade sulle spalle della politica che, purtroppo, sembra - come si denuncia nell'appello - profondamente miope. Si pensa alla cultura come a un costo, a un lusso non essenziale, e quindi si interviene per tagliarne i fondi non appena si renda necessario. L'idea della cultura come risorsa, come investimento, come collante nazionale, come fattore di sviluppo è del tutto estranea alla nostra classe dirigente.

Detto questo, proviamo ad avanzare un'idea: rendere le biblioteche ancora di più centri culturali aperti alla cittadinanza, da vivere 24 ore al giorno, con un sistema di attività in parte rigorosamente gratuite, in parte a pagamento. Trattandosi di luoghi e servizi pubblici, le funzioni fondamentali delle biblioteche devono restare accessibili  e libere a tutti: il prestito dei libri, la consultazione, lo studio, la presentazione di nuove pubblicazioni e l'incontro con gli autori... Se però diventassero anche il luogo dove si tengono corsi, svolgono rassegne, magari negli orari in cui sono tradizionalmente chiuse, è inconcepibile pensare a un contributo minimo da parte degli utenti? Lo ripetiamo ancora una volta, a scanso di equivoci: è necessario anzitutto che la classe politica acquisti coscienza del ruolo insostituibile delle biblioteche e ripristini i fondi necessari; è fuori discussione, in secondo luogo, che le funzioni essenziali debbano restare aperte a tutti e totalmente gratuite... Al di fuori di questi ambiti, e allargando l'attività delle biblioteche, si potrebbe immaginare qualche attività che richieda il contributo di chi, ad esempio, segue un corso di pittura, piuttosto di chi frequenta una serie di incontri specialistici su un determinato tema. Sarebbe forse opportuno che la questione diventasse realisticamente oggetto di discussione, prima che le biblioteche chiudano.

Paolo Perazzolo
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