Un raggio di sole su una terra ferita

Mariapia Bonanate ha letto per noi "Una terra spaccata" di Emilia Bersabea Cirillo.

13/05/2010
Emilia Bersabea Cirillo, avellinese.
Emilia Bersabea Cirillo, avellinese.

Una terra spaccata dalle contraddizioni di una società che divora i propri valori e radici. Una donna e un uomo spaccati dalla fatica del vivere. Sono i due destini che corrono paralleli in Una terra spaccata (San Pçoalo), l'avvolgente racconto di Emilia Bersabea Cirillo che ha il merito, oggi sempre più raro, di non correre dietro alle parole, ma di lasciare che siano le parole, ora pesanti come pietre, ora leggere come carezze, a creare situazioni e personaggi. A dare consapevolezze, a intessere la filigrana dei piccoli gesti e sguardi quotidiani con le domande profonde che decidono scelte fondamentali nell’individuo e nella comunità umana.
 
La terra è quella dell’Irpinia dove gli abitanti cercano di difendere la luce degli altipiani, i campi di grano, l’armonia di una natura costruita nei secoli. Ma è anche Napoli, sontuosa e sfigurata dai rifiuti, splendida negli angoli che sono stati risparmiati. Gregoriana, una geologa di quarant’anni – «senza felicità che si accontentava, da quando era bambina, di grattare spezzoni di affetto» – arriva nel capoluogo campano per fare dei saggi sul Formicoso, un altopiano dove sta per essere costruita una megadiscarica per rifiuti tossici e industriali. Incontra Filippo, proprietario dell’albergo che la ospita, un personaggio sfuggente e appartato, affascinante come un sogno a lungo coltivato, rimasto solo, dopo la morte della madre, fuggita dalla Russia bolscevica. È come se si aspettassero da sempre per unire le proprie solitudini, il silenzio che parla, la bellezza che salva.

Fra di loro si stabilisce un rapporto d’intimità amorosa e d’amicizia che mescola i luoghi dell’anima con quelli di una sensualità sospesa, ma proprio per questo affascinante e inedita. La geologa scopre che il terreno non è idoneo alla discarica e metterebbe in pericolo il più grande bacino idrico del Sud. La società per la quale lavora e ha l’appalto della costruzione, le chiede di tacere, ma nella sua vita, da quando Filippo le ha chiuso un mondo e aperto un altro, dove la verità diventa lamisura dell’agire e dell’amare, non c’è posto per i compromessi. Denuncia i rischi ambientali e geologici, solidarizza con le donne, dolenti figure da coro greco, che difendono con dignità il diritto a rimanere nella “povera terra” che abitano da sempre. La conclusione è drammatica, all’apparenza in perdita. Ma non «si perde quando si è salvata la parte più vera e autentica di sé stessi».

Mariapia Bonanate
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