13/07/2011
Paolo Perazzolo commenta "Il sogno del celta", l'ultimo romanzo di Mario Vargas Llosa. Nato in Perù nel 1936, ha vinto il Nobel per la letteratura nel 2010. Einaudi ne sta pubblicando l'opera integrale.
Terminata la lettura
di Il sogno
del celta (Einaudi),
l’ultimo romanzo
di Mario Vargas
Llosa, il primo
dopo il Nobel, diventa
chiaro perché l’autore
sia stato sedotto
dal personaggio che ne è protagonista
assoluto, Roger Casement: difficile
trovare una figura così eroica eppure
ricca di chiaroscuri, un uomo controverso
come l’irlandese, nato nel 1864
e morto per impiccagione nel 1916,
dopo una brillante carriera diplomatica
come console inglese e un finale
da nazionalista. In quest’affascinante
personaggio realmente esistito il grande
scrittore ha ravvisato un intrico di
slanci ideali e cadute, un concentrato
di quell’irriducibile ambiguità che segna
l’essere umano e la Storia intera.
Educato al protestantesimo dal padre
e segretamente battezzato dalla
madre cattolica, Casement crebbe
con il mito del viaggio. Si mise al seguito
dei grandi esploratori dell’800,
diventando poi console per il Governo
inglese. La svolta avvenne allorché
fu inviato come ispettore per verificare
se nel Congo belga di Leopoldo
II venisse violata la legge. Quello
che il protagonista accertò, con straordinario
coraggio e senso della giustizia,
fu un quadro di impressionante
crudeltà: gli indigeni erano stati schiavizzati
in funzione della raccolta del
lattice per la produzione del caucciù,
l’affare planetario del tempo.
Il suo rapporto provocò reazioni in
tutto il mondo e aprì gli occhi all’Europa
e all’Occidente sulla reale natura
del colonialismo. Altro che missione
civilizzatrice, altro che “esportazione”
di cultura e progresso: in nome
di puri interessi economici, venivano
commesse inimmaginabili atrocità
e calpestati i più elementari diritti
umani. Dopo il successo del suo lavoro
in Congo, Casement venne inviato
nella foresta amazzonica con lo stesso
incarico, scoprendo e denunciando la
medesima, tragica situazione.
Le due esperienze risvegliarono nel
console la passione per la terra d’origine,
l’Irlanda: non era forse anch’essa
sotto il tallone colonialista dell’Inghilterra?
A tal punto si radicalizzerà in lui
tale convinzione,
che si alleerà con la
Germania, durante
la Prima guerra
mondiale, in funzione
anti-inglese.
Inevitabile la condanna
per alto tradimento,
sulla quale peserà anche lo
sfruttamento della sua omosessualità.
Vargas Llosa scandisce il racconto
in tre capitoli – Congo, Amazzonia, Irlanda
– e alternando il presente, che
vede il protagonista in carcere, al passato.
Colpiscono la passione, la dedizione
con cui si è consacrato a questo
personaggio che, grazie alla sua biografia,
ci viene restituito in tutta la
sua controversa grandezza.
Paolo Perazzolo