05/05/2013
Si sta affermando come fenomeno editoriale il racconto-testimonianza dell'esperienza della malattia (Corbis).
In poche settimane siamo già alla sesta ristampa. Mai come questa volta si può parlare di un autentico caso letterario. Perché si tratta di un’opera prima, e purtroppo, al tempo stesso, anche di un’opera ultima, perché l’autore non c’è più, essendo morto per un tumore nel 2009 a 34 anni, avendo ultimato il libro pochi giorni prima della scomparsa.
Stiamo parlando di Stefano Baldi e del suo romanzo, Sia fatta la tua volontà (Newton Compton, pp. 382, euro 9,90).
L’autore mette in scena un ragazzo di 26 anni, Luca Lazzarini detto Lazzaro, la cui tranquilla esistenza viene sconvolta da una diagnosi oncologica che non lascia scampo. Eppure, è nella prossimità con la morte che il giovane impara a vivere. Riscoprendo, tra le altre cose, una fede religiosa da troppo tempo messa tra parentesi. Una riscoperta capace di dare senso, pienezza e significatività al tempo che rimane, in un fecondo rapporto con gli altri.
Dicevamo caso letterario, perché, vista la particolare vicenda editoriale di questo romanzo uscito postumo, è evidente che il successo si regge esclusivamente sulla forza di un testo che è stato capace di imporsi da solo, con grande forza, ai lettori. Ciò accade quando la realtà personale, con l’urgenza delle situazioni che presenta, diventa per uno scrittore il primo serbatoio a cui attingere storie e trame.
In questi ultimi mesi, oltre a quello di Baldi, sono usciti diversi libri che si radicano in un’esperienza forte come la malattia: esperienza drammatica e a volte addirittura tragica, ma spesso, inaspettatamente e un po’ paradossalmente, fonte di speranza. Si tratta di opere di ispirazione autobiografica (non autobiografie in senso stretto: Baldi, ad esempio, ha scritto un romanzo vero e proprio, con una storia e dei personaggi di invenzione), che partono dal vissuto degli autori, reso sulla pagina in un modo diretto che instaura subito, tra chi scrive e chi legge, un rapporto di empatia (forse solo così si può spiegare lo straordinaria risposta da parte dei lettori): nel mettere a nudo le ferite aperte del corpo e dello spirito, gli scrittori ci danno libri segnati da una notevole carica psicologica, che chi legge non può non riconoscere.
È il caso di Lorenzo Amurri, autore per Fandango del romanzo Apnea (pp. 256, euro 16,00). Romano, classe 1971, musicista e produttore musicale, l’autore vi descrive quanto gli è successo. Un grave incidente sulle piste da sci determina la necessità di un complesso intervento chirurgico: nove ore sotto i ferri, perché la lesione riportata è importante. Lorenzo ha salva la vita, ma rimane paralizzato e insensibile in gran parte del suo corpo. Amurri racconta le sensazioni della terapia intensiva, i lunghi mesi di riabilitazione in una clinica di Zurigo, il desiderio di tornare il più presto possibile alla normalità, ma anche le complicazioni di un processo di reinserimento che appare impossibile. Il suo libro è il diario di un tenace riavvicinamento alla vita. Al di là dei problemi e delle difficoltà (che talora appaiono insormontabili), il protagonista è determinato nel volersi riprendere il diritto alla felicità: a suonare la chitarra, a uscire con gli amici, a stare con la fidanzata, insomma a immaginare il futuro.
Il paradosso è proprio qui: se comunemente si pensa che la malattia ci tolga delle cose, poi si realizza che in questa difficile condizione esistenziale è forse più facile riscoprire la gioia autentica.
Lo si vede bene anche nel romanzo di Alberto Damilano, Questa notte è la
mia (Longanesi, pp. 254, euro 14,90). Damilano – che è nato nel 1955 a
Fossano (Cuneo) – dopo la laurea in Medicina si trasferisce
nell’hinterland torinese, dove si occupa di malattie mentali e
tossicodipendenze. Nel 2009 si ammala di SLA (sclerosi laterale
amiotrofica), che in poco tempo lo paralizza completamente. Oggi vive
grazie alla nutrizione e alla respirazione artificiali, ma non ne vuole
sapere di arrendersi, anzi ha deciso di scrivere questo romanzo perché –
spiega – “creare è resistere e resistere è vivere”.
Questa notte è la mia non è un’autobiografia in senso stretto, ma
certamente è un testo in cui l’autore ha trasfuso il senso della propria
esperienza. Al centro del libro troviamo Andrea, un giornalista
quarantenne cinico e disilluso, che da tempo ha rinunciato a coltivare
ambizioni di carriera e che anche sul piano privato vive un’esistenza
grigia e monotona, con una moglie distante e pochi amici, forse neanche
tanto affidabili. Tutto cambia quando l’uomo scopre di essere affetto da
una malattia, che non nomina mai, ma che a poco a poco gli toglie un
pezzo di vita. Sulla sedia a rotelle, però, scoprirà che proprio quando
sembra che la vita ci rubi qualcosa, in realtà ci sta offrendo
un’occasione inattesa per uscire da noi stessi, valorizzando davvero
ogni istante che ci viene donato.
Roberto Carnero