19/08/2012
Renzo Arbore relatore all'università (foto Ansa).
«Per
cantare una canzone napoletana ci vogliono pochi grammi di voce ma
almeno un chilo di cuore».
Renzo
Arbore prende a prestito una frase del suo amico e mentore Roberto
Murolo che ha composto melodie immortali che hanno conquistato il
mondo e che ora l'Orchestra Italiana omaggia per celebrare il
centenario della nascita di Murolo. E'
incredibile come il foggiano Arbore - che lo scorso giugno ha compiuto 75 anni - si sia trasferito "anema e
core" in una napoletanità totale, tanto che la città del Vesuvio
gli ha conferito la cittadinanza onoraria.
«Sono cresciuto», racconta lui, «con lo spartito di una canzone napoletana sul
pianoforte di mio padre e ho imparato a conoscere le melodie di
Napoli e contemporaneamente ad apprezzare il jazz. Erano i tempi in
cui si sdoganavano i miti della musica americana mimetizzati dalla
censura fascista. Luigi Fortebraccio si riappropria della sua
identità e ridiventa Louis Armstrong e così fa Beniamino Buonuomo
che era l’incredibile traduzione letterale del nome di Benny
Goodman».
Conteso
tra melodie e swing, il nostro Renzo decide di iscriversi
all'Università di Napoli, dove scopre incredibili contaminazioni
tra i due generi. Per esempio che la celebre Munasterio 'e Santa
Chiara ricorda da vicino un famoso brano di Duke Ellington, poi va
suonare in un club di militari americani di stanza a Roma, tira fuori
dalla valigia i vecchi blue jeans acquistati a Foggia, compra al
mercatino americano camicie sgargianti, va a tagliarsi i capelli dal
barbiere dei marines e
diventa
quel Tu vuo fa l’americano celebra da Renato Carosone
nell'omonima canzone. «Ma questa», precisa Renzo, «è solo un
leggenda metropolitana perché eravamo almeno in due a Napoli a
vestire "americano"».
Ho
avuto l’opportunità di andare a New York con Renzo: il viaggio
era proposto a un gruppetto di giornalisti a cui si aggregò un
Arbore elettrizzato per la visita alla terra promessa. Una volta
nella Grande Mela ci affidarono a una graziosa fanciulla per farci da
guida e Renzo non ci mise molto a iniziare un corteggiamento
serrato. Prima lo prendemmo un po' giro, poi con la complicità di
un collega dell'Ansa stilammo un finto comunicato che raccontava
dell'idillio newyorchese. Sapevamo della sua love story con
Mariangela Melato e glielo mostrammo dicendo che sarebbe stato
diffuso in Italia ma che probabilmente saremmo riusciti a fermarlo.
Beh, ci convinse a farlo e per noi fu la cartina di tornasole che
confermava la loro "affettuosa amicizia".
Del resto, il legame
con Mariangela risale agli anni Settanta: lei è stata la sua musa,
la sua confidente, il suo punto di riferimento tanto che avevano
persino deciso di sposarsi ma all’ultimo momento fecero un passo
indietro. E dura ancora.
Oggi,
dopo tanto tempo, sono i perfetti innamorati : lui vive a Roma o è in
Cina o a Mosca. Lei sta a Roma e calca i più
nobili palcoscenici. Ma restano complementari.
A
Renzo questa televisione non piace. «Non ci sono più gli
improvvisatori», spiega, «quelli che vanno all’impronta». Ma un suo ritorno in Tv? «Ci
sto pensando, ma se lo farò sarà una TV diversa, parente stretta
del Web, ma senza uscire dal video».
Una
promessa? Il progetto c’è, ma ci vuole un po' di coraggio: ad
Arbore non manca. Ce l'avrà anche la Rai?
Gigi Vesigna