Quando Nina volava con De André

Nina Manfieri ricorda l'amicizia, nata da bambini, con il grande cantautore, che molti anni dopo gli ispirerà una bellissima canzone.

05/04/2013
Nina Manfieri sfoglia un libro dedicato a Fabrizio De André
Nina Manfieri sfoglia un libro dedicato a Fabrizio De André

Genova 1942. Anche il capoluogo ligure non è indenne dai pericoli della guerra. L’ingegnere Giuseppe De André decide di trasferire la sua famiglia nell’astigiano. A Revignano d’Asti acquista la Cascina dell’Orto e qui vengono a vivere la moglie Luisa, la mamma e la suocera dell’ingegnere. Con loro anche i due figli: Mauro e Fabrizio. Quest’ultimo ha appena due anni: nella campagna astigiana vivrà un’infanzia che lo segnerà per tutta la vita. Scoperte, avventure, amicizie: soprattutto quella con Nina Manfieri, una bambina che Fabrizio si divertiva a vedere andare in altalena. Quella bambina molti anni dopo ispirò a Fabrizio De André la canzone Ho visto Nina volare, contenuta in Anime salve il suo ultimo disco uscito nel 1996. Ancora oggi Nina conserva di quell’amicizia un ricordo tenero e indelebile.  

- Signora Manfieri, lei quando ha conosciuto Fabrizio De André?
«Subito, appena è arrivato a Revignano. I De André abitavano nella cascina vicina alla casa del mezzadro dove vivevo con la mia famiglia. Io e Fabrizio avevamo la stessa età, siamo veramente cresciuti insieme».  

- Il suo ricordo di Fabrizio De André bambino?
«Era un bambino buono, ma quando si arrabbiava diventava scontroso e poi gli piaceva fare tanti scherzi».  

- Un’infanzia in campagna. I ricordi più belli?

«Eravamo bambini e quindi, grazie a Dio, non ci rendevamo conto della guerra. Le nostre giornate erano all’insegna della libertà, si andava a fare passeggiate nei campi, nei boschi. Eravamo sempre all’aria aperta».
  
- E naturalmente si andava in altalena. È un’invenzione o quell’altalena c’era veramente?
«Certo, si trovava nel cortile della casa del mezzadro, sotto un porticato».  

-“Ho visto Nina volare”: che effetto fa essere la protagonista di una canzone di Fabrizio De André?

«Per me ascoltare quella canzone è come sfogliare un album di fotografie. Naturalmente la critica ha dato molte interpretazioni, io più semplicemente ho le mie personali».  

- Quali?
«Mi viene in mente il riferimento al miele. Lì nella casa del mezzadro c’erano le api. Io e Fabrizio eravamo molto incuriositi».

- E poi il verso dedicato al padre.   “Un giorno la prenderò come fa il vento alla schiena e se lo sa mio padre dovrò cambiar paese se mio padre lo sa mi imbarcherò sul mare…”
«Il padre di Fabrizio era un uomo d’altri tempi: severo, rigoroso. Mi voleva molto bene e mi difendeva dai dispetti dei maschiacci. Mi lasci ricordare anche la mamma di Fabrizio, la signora Luisa: una donna gentile, simpatica, socievole, disponibile con tutti».  

- Fabrizio De André con il tempo è diventato uno dei massimi cantautori italiani. Lei ha seguito da vicino la sua carriera, siete rimasti in contatto?
«È andato via da Revignano nel 1950. È ritornato per un solo giorno quando avevamo quattordici anni, arrivando da Genova con il treno e poi non l’ho più rivisto fino al 1997».

- L’ultimo incontro? Quale impressione le ha fatto?
«È arrivato in paese il 20 settembre di quell’anno, qualche mese prima di morire. Io mi aspettavo di trovare un divo, un artista, invece mi sono trovato davanti un uomo di una semplicità straordinaria. È bastato un attimo e siamo tornati il Fabrizio e la Nina di quando eravamo bambini. In quei giorni ha voluto rivisitare luoghi della sua infanzia. Mi ricordo che siamo andati insieme a vedere persino la fontana in cui da piccoli giocavamo con le salamandre».  

- Nina da bambina volava sull’altalena e oggi?

«Oggi è una nonna che si gode il suo nipotino di quindici mesi».

Giorgio Trichilo
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